72 persone ferite (47 tifosi e 25 agenti di polizia), anche se “nessuno di loro è in gravi condizioni”, come recita il bollettino dell’Ospedale Pirovano di Buenos Aires, uno dei sei centri che ha dovuto farsi carico di accogliere i “reduci” di una giornata di disperazione. E di follia. Stadio “Monumental” ( teatro anche dei più importanti match della nazionale argentina e sede della finale del Mondiale casalingo del 1978) distrutto.
Tifosi che facevano piovere di tutto dagli spalti, gara sospesa prima del 90’, idranti a sparare acqua sui tifosi più facinorosi ( su tutti, i temutissimi “Los borrachos del Tablon”, frangia più estrema dei Barra Bravas dei “millonarios”), pronti a invadere il rettangolo di gioco con il volto travisato, hall dello Stadio distrutta, così come decine di auto e gli immancabili cassonetti incendiati. Squadra asserragliata nel ventre del “Monumental” per ben 5 ore! Fuori, la guerra. Scontri continui con la polizia, a suon di pietre, bastoni e spranghe. Ma si sono avvertiti, nitidi, anche diversi colpi di pistola.
Questo è il triste ( ma in parte, purtroppo, annunciato) epilogo della stagione ( e forse non solo, visto che il rischio fallimento ora è davvero concreto) di una delle squadre più gloriose non solo del continente latinoamericano, ma dell’intero mondo della pedata. Il River Plate di Buenos Aires, fondato nel 1901, con in bacheca 33 titoli di campione nazionale ( record), 2 Coppe Libertadores ( 1986 e 1996), una Coppa Intercontinentale (1986) e una casacca, quella con l’inconfondibile banda rossa che taglia in diagonale lo sfondo bianco, indossata da fuoriclasse leggendari come Di Stefano, Labruna, Pedernera e, in tempi più recenti, Fillol, Passarella, Alonso, Alzamendi, Batistuta, Crespo, Almeyda, è ufficialmente retrocesso in seconda divisione. Per la prima volta nella sua storia ultracentenaria.
Del resto, il risultato della gara di andata dello spareggio-salvezza contro il Belgrano di Cordoba, 0-2 per la cronaca, non faceva presagire nulla di buono. Minacce di disordini e di contestazioni violentissime da parte dei tifosi più esasperati, indirizzate, soprattutto, al presidente, l’ex bandiera del club ( con trascorsi illustri anche in Fiorentina e Inter), Daniel Passarella, si erano avute ben prima dello svolgimento della partita di ritorno, al “Monumental”. Ciononostante, la gara, inizialmente programmata a porte chiuse, si è svolta di fronte al pubblico per l’intervento, poco lungimirante, addirittura di Cristina Fernandez de Kirchner, Presidente dell’Argentina che ha, così, sconfessato il proprio Ministro degli Interni.
Capienza, 40000 posti. Presenti, almeno 55000. Pronti a menera le mani in caso di esito negativo. Che, puntualmente, c’è stato. L’1-1 finale, infatti, decreta il dramma sportivo del River ( con tanto di rigore sbagliato da Pavone, autore, tra l’altro, della rete dell’illusorio vantaggio “millonario”), ma anche l’inizio della violenza. Per quel che conta e quel che vale, ora il club bonaerense, sull’orlo del crac, dovrà, per forza di cose, svendere i propri gioielli di famiglia, Funes Mori, Affranchino, Lanzini, Carrizo (tornerà alla Lazio per poi esser dirottato altrove) e, soprattutto, il richiestissimo Erik Lamela, 19enne attaccante dalla classe cristallina. Roma, Inter, Napoli e Milan sono alla finestra e per soli 10 milioni di Euro potrebbero assicurarsene senza problemi i servigi.
Passarella, interpellato sull’opportunità di lasciare la presidenza, ha dichiarato che: “ Non mollo. Mi dovranno trascinare via per i piedi”. Lo ha annunciato, però, dall’interno della propria vettura. Con i vetri rigorosamente oscurati… Le disgrazie, però, non vengono mai da sole. Per cui, si è già aperta un’inchiesta della magistratura locale, sia per gli incidenti, sia per gli ingressi consentiti in abbondante esubero. Si profilano, perciò, almeno 20 giornate di squalifica dello storico “Estadio Monumental”. Una grande protagonista del calcio mondiale, così, si avvia tristemente a compiere un’altra tappa del proprio calvario sportivo, abbandonando, almeno per ora, i palcoscenici principali. Ma la cosa peggiore e ben più triste, letto il “bollettino di guerra”, è che non è questa la notizia.
Daniele Puppo
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