Per chi è stato in Grecia durante l’estate non può non ricordare il caldo afoso, asfittico, soffocante che trasuda dalla terra brulla e incredibilmente secca di quel nobile Paese. A mitigare tutto, uno splendido mare fecondato da un sole altrettanto nobile. Forte e incandescente come il carattere dei greci. Forse il confronto potrebbe sembrare un po’ troppo azzardato ma la partita che si sta giocando tra Atene da una parte e i burocrati di Francoforte e la Troika dall’altra sta riproponendo sostanzialmente un confronto che da sempre contrappone il piccolo coraggioso Davide ellenico contro il gigante Golia, ovvero la finanza internazionale anche se per il tramite degli uomini che da Francoforte, Berlino, Parigi, Londra e Bruxelles hanno messo in un angolo Tsipras e la sua sacrosanta battaglia in difesa del proprio Paese.
Ieri i nemici si chiamavano Dario, Serse, Solimano il Magnifico, Kemal Ataturk. Oggi presentano credenziali più dure più fredde ma egualmente implacabili:Fmi, Bce, Commissione Ue, Fondo salva Stati e chi più ne ha più ne metta. Cosa è cambiato rispetto al passato ed in che misura la tenace Grecia ha possibilità di successo in questo scontro epocale? A ben valutare i fatti e gli effetti del lungo braccio di ferro tra l’Europa e la piccola Grecia si direbbe che il tira e molla ha prodotto ben poco. A vincere alla fine saranno i più forti, ovvero i falchi, i rigoristi ad oltranza soprattutto tedeschi che non vogliono più fare sconti a chi viola le discutibili ferre regole dei mercati finanziari. Tsipras alla fine cederà e sarà costretto ad accettare quanto gli chiede l’Europa dovendo poi fare i conti anche con gli esiti di un referendum pericolossimo per lui. Se vince il no che lui sostiene verrà espulso dall’Europa costretto poi a trattare con nuovi padroni, vedi la Russia di Putin, che come l’Europa non gli farà sconti. E questo per la semplice ragione che a trattare sarà un leader debolissimo di uno Stato in default senza nessuna credibilità internazionale.
Qualora dovesse vincere il si e la Grecia dovesse decidere di accettare le condizioni imposte dall’area dell’euro e di rimanere nella casa europea la sconfitta sarebbe troppo cocente perchè Tsipras possa restare al proprio posto. Le difficoltà della trattativa e la inadeguatezza tecnica e culturale di un mediatore improvvisato come il ministro delle finanze Yanis Varoufakis hanno fatto il resto ed ora il premier greco fa il tentativo disperato di un rilancio al buio che potrebbe rimettere la Grecia ma non Tsipras in carreggiata il quale difficilmente sopravviverà alla sua sconfitta finale. Le Borse dal grande fiuto hanno già capito che finirà così e stasera dopo le decisioni dell’Eurogruppo brindisi per tutti.
Dove ha sbagliato e continua a sbagliare l’Europa, e dove ha sbagliato e continua a sbagliare la Grecia? Le responsabilità della vecchia Europa sono e restano soprattutto politiche. A trattare in tutta questa vicenda sono stati i tecnici le norme i cavilli le percentuali, i conti, i rimborsi. Del problema Grexit non c’è mai stata una visione strategica politica che tenesse conto di tutti gli elementi che fanno parte di una trattativa tra Stati, dignità e onore nazionale compresi,come giustamente fatto da Tsipras, e non solo soldi e regole. Il governo greco non ha capito però, dall’inizio, che a trattare erano i banchieri e le loro logiche spesso perverse. Aggravate dalla mancanza di cultura politica.
Ma dove hanno sbagliato i greci? A parte le valutazioni di natura politica non colte, o sottovalutate da Tsipras c’è anche una realtà economica e sociale greca che ha fatto da cavallo di Troia rendendo indifendibili le proposte di Atene ed estremamente aggressive le ragioni dei cosiddetti falchi rigoristi.
Da anni troppi anni la culla della civiltà mediterranea vive sui debiti e di debiti.Più e più incoscientemente di altri. Come può un paese con i conti disatrati e debiti per 330 miliardi di euro di cui due terzi nelle mani di quelle istituzioni che Tsipras ha pensato di prendere a schiaffi, pensare di andare avanti quando il proprio Pil nazionale (modesto) per il 70% per cento se ne va in stipendi e pensioni di statali che godono, insieme ai privati di un welfare a livelli tedeschi? E’ immaginabile pensare di far digerire all’Europa l’idea che in una paese di finanza allegra le fasce sociali più ricche, armatori in testa non paghino le tasse? Di esempi se ne potrebbero fare tanti ma la realtà greca è fin troppo nota perchè qualcuno possa decidere di giocare barando.
Dunque la soluzione ponte di cui si parla in queste ore forse riporterà un pò di calma sui mercati ma è chiaro che adesso a fare scelte tradicali e probabilmente dolorose dovrà essere la stessa Grecia. Poi si vedrà se e con quale nuova guida politica.
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