
Partiti con il vento in poppa e agevolati da un pacchetto arretrato avversario che, seppur falcidiato dalle assenze ( o, forse, proprio per questo), ha commesso svarioni da oratorio, gli interisti hanno messo a ferro e fuoco l’area di rigore moscovita. Il 2-0 dopo soli 23 minuti di gioco sembrava persino stretto per i nerazzurri. Ma i due marcatori dimostravano due cose: che Lucio è un “animale da grandi occasioni” che, con l’istinto killer che si ritrova e l’esperienza internazionale che ha messo nel bagaglio, diventa basilare in gare come questa e che Pazzini intristito in panchina è un non senso, tattico e tecnico, oltreché un lusso che neanche una pretesa “potenza” ( così ha definito l’Inter, Ranieri) può permettersi ( e ogni riferimento a Gasperini non è puramente casuale). Poi, vuoi per la fisiologica esigenza di rifiatare un po’, vuoi perché ci sono anche gli altri che a perdere in casa propria non ci stanno, la partita cambia volto. E il volto dell’Inter diventa, improvvisamente, quello, tirato e preoccupato, dei suoi uomini-guida. Come Julio Cesar che, prima vola a togliere dal “sette” un missile di Dzagoev, ma poi è lento di riflessi su una punizione calciata in modo altrettanto violento ma poco angolato, dallo stesso talento del Cska, in pieno recupero, quando in casa Inter già si pregusta un buon tè caldo. Come spesso avviene in questi casi ( ma come non dovrebbe accadere ad una squadra con le ambizioni dei nerazzurri), i padroni di casa prendono ulteriore coraggio e vigore, mentre chi pensava di aver completato il proprio lavoro comincia a veder scricchiolare le proprie certezze. L’Inter si rintana a protezione del vantaggio, tentando qualche sporadica sortita in contropiede, il Cska prende campo e si prende il centrocampo. Di buono, in questa fase, c’è che i moscoviti sfoggiano un possesso di palla alquanto sterile e denotano una certa penuria di idee. E, quando le energie dei padroni di casa sembrano venir meno, al 32’ della ripresa, Vagner Love trova il pari, al termine di un’azione piuttosto estemporanea. Una squadra normale accuserebbe il colpo e crollerebbe. Ma l’Inter si conferma una formazione refrattaria al concetto di “normalità”. Una formazione “pazza”, per l’appunto. E, quando tutti si attendono l’inevitabile “waterloo” nerazzurra, ecco che accade quel che non t’aspetti: Cambiasso si ricorda di saper anche lanciare i compagni e il subentrato, Zarate, di quel che mostrava di saper fare nel primo anno di Lazio. Stop a seguire, avversario saltato come un birillo e gran botta a fulminare sul palo di destra un attonito Gabulov.Una bella soddisfazione e una grande rivincita per l’argentino, dopo le tante critiche ( anche giustificate) patite. Il passo successivo, però, dovrà essere quello di riuscire a tenere alta la tensione per tutti i novanta minuti.
Non si può pensare di fare tanta strada affidandosi a colpi di coda. Il Napoli, invece, ha subito chiuso la sua partita
contro gli ostici spagnoli del Villarreal ( che avevano eliminato proprio i partenopei nell’ultima Europa League) nei primi
17 minuti della contesa. Ritornati alla formazione-tipo, sono stati proprio i “tre tenori” a intonare il “de profundis”
per il “sottomarino giallo”. Immenso Lavezzi che, prima pesca con un gran traversone Hamsik che approfitta dello
scivolone di Zapata ( oltre che della dormita di Gonzalo) per l’1-0 e poi si procura abilmente ( riuscendo, all’ultimo, a
spostare il pallone in avanti con la punta del piede) il rigore che Cavani trasforma per il raddoppio.
E contro una squadra come il Napoli, maestra nel proteggere il pacchetto arretrato per sfruttare gli spazi
nelle ripartenze, anche un discreto Villarreal, dotato di ottimi palleggiatori e capace di “requisire”
il pallone per larghi tratti della gara, non poteva che inchinarsi. Davvero pochi i pericoli corsi da De Sanctis.
Vero che “pepito” Rossi non era al meglio della condizione e che Nilmar ha offerto una prestazione abulica,
ma il Napoli è parso sicuro e in pieno controllo della partita. E, per quanto riguarda le molte polemiche divampate
in settimana circa il ricorso un po’ troppo massiccio al turn over, Mazzarri ha ribadito la bontà delle sue scelte:
“E’ un calcio diverso da quello di vent’anni fa. Oggi è impensabile poter giocare con gli stessi uomini ogni tre giorni.
Il turn over è necessario. I ritmi sono molto più elevati e i giocatori, alla fine, sono così sollecitati che gli infortuni sono
quasi sistematici. Riprova ne sono gli infortuni patiti in questa gara da Aronica e Cavani ( entrambi dovrebbero,
comunque, farcela per la sfida di San Siro con l’Inter, ndr)”. E, dopo una settimana di delusioni, è bello vedere
i cinquantamila del San Paolo tornare ad intonare “O surdato ‘nnammurato”. E, stante la netta affermazione del
Bayern Monaco per 2-0 sul Manchester City, i partenopei si accingono ad affrontare proprio la corazzata tedesca
(al suo decimo successo di fila, tra Bundesliga e Champions e, al momento, la squadra più in forma d’Europa) nel
proprio “fortino” guardando dall’alto sia il City che il Villarreal. Un risultato ( sia pur parziale) difficilmente
pronosticabile in sede di sorteggio. E Napoli torna a cantare.
Non si può pensare di fare tanta strada affidandosi a colpi di coda. Il Napoli, invece, ha subito chiuso la sua partita
contro gli ostici spagnoli del Villarreal ( che avevano eliminato proprio i partenopei nell’ultima Europa League) nei primi
17 minuti della contesa. Ritornati alla formazione-tipo, sono stati proprio i “tre tenori” a intonare il “de profundis”
per il “sottomarino giallo”. Immenso Lavezzi che, prima pesca con un gran traversone Hamsik che approfitta dello
scivolone di Zapata ( oltre che della dormita di Gonzalo) per l’1-0 e poi si procura abilmente ( riuscendo, all’ultimo, a
spostare il pallone in avanti con la punta del piede) il rigore che Cavani trasforma per il raddoppio.
E contro una squadra come il Napoli, maestra nel proteggere il pacchetto arretrato per sfruttare gli spazi
nelle ripartenze, anche un discreto Villarreal, dotato di ottimi palleggiatori e capace di “requisire”
il pallone per larghi tratti della gara, non poteva che inchinarsi. Davvero pochi i pericoli corsi da De Sanctis.
Vero che “pepito” Rossi non era al meglio della condizione e che Nilmar ha offerto una prestazione abulica,
ma il Napoli è parso sicuro e in pieno controllo della partita. E, per quanto riguarda le molte polemiche divampate
in settimana circa il ricorso un po’ troppo massiccio al turn over, Mazzarri ha ribadito la bontà delle sue scelte:
“E’ un calcio diverso da quello di vent’anni fa. Oggi è impensabile poter giocare con gli stessi uomini ogni tre giorni.
Il turn over è necessario. I ritmi sono molto più elevati e i giocatori, alla fine, sono così sollecitati che gli infortuni sono
quasi sistematici. Riprova ne sono gli infortuni patiti in questa gara da Aronica e Cavani ( entrambi dovrebbero,
comunque, farcela per la sfida di San Siro con l’Inter, ndr)”. E, dopo una settimana di delusioni, è bello vedere
i cinquantamila del San Paolo tornare ad intonare “O surdato ‘nnammurato”. E, stante la netta affermazione del
Bayern Monaco per 2-0 sul Manchester City, i partenopei si accingono ad affrontare proprio la corazzata tedesca
(al suo decimo successo di fila, tra Bundesliga e Champions e, al momento, la squadra più in forma d’Europa) nel
proprio “fortino” guardando dall’alto sia il City che il Villarreal. Un risultato ( sia pur parziale) difficilmente
pronosticabile in sede di sorteggio. E Napoli torna a cantare.
Daniele Puppo