Contro l’Intifada dei coltelli Israele mette in campo l’esercito: da stamattina sei compagnie di soldati, circa mille uomini, sono dislocati nelle maggiori città del paese.
Nella seduta straordinaria convocata ieri dal premier Benjamin Netanyahu, il gabinetto di sicurezza dello Stato ebraico ha messo a punto un pacchetto di misure di sicurezza, definite “aggressive” dagli stessi membri del governo.
Ai mille uomini delle IDF (“Forze di difesa israeliane”, l’esercito dello Stato ebraico) che andranno a integrare i ranghi della polizia regolare si aggiungeranno altre trecento guardie di sicurezza reclutate per l’occasione, incaricate di sorvegliare i trasporti pubblici, uno dei bersagli presi più spesso di mira nell’ultima Intifada, così come nelle precedenti del 1987 e del 2000.
Il Consiglio di difesa ha poi deciso di autorizzare la polizia a “imporre la chiusura delle zone di scontri e incitamento alla violenza”. In pratica le forze dell’ordine avranno facoltà di sigillare i quartieri arabi di Gerusalemme, impedendo a chiunque di entrare o uscire. Misura simile a quella presa nelle colonie ebraiche in Cisgiordania, dove per le prossime 48 ore l’accesso sarà vietato a tutti i lavoratori arabi.
La decisione destinata a sollevare le critiche più accese riguarda però i corpi degli attentatori palestinesi uccisi dalle forze di sicurezza: non saranno restituiti alle famiglie per i funerali, ma sepolti dalle autorità israeliane. Ufficialmente si vuole evitare che le loro esequie siano teatro di violenze. Per le sepolture si sta valutando di impiegare vecchi cimiteri militari.
“Ai terroristi saranno revocati i diritti di residenza permanente”, annuncia ancora l’ufficio del premier, mentre il ministro della Giustizia Ayelet Shaked evoca demolizioni e confische di beni. Il governo ha anche deciso di imporre il coprifuoco.
Oggi il Consiglio di difesa si riunirà ancora per discutere le misure punitive da adottare contro il Movimento islamico in Israele, organizzazione politico-religiosa attiva tra gli arabi israeliani, responsabile secondo il governo di aver incitato alla violenza.
Il governo ha accolto di fatto le richieste del sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat. Nei confronti delle misure prese è arrivato anche il plauso dell’opposizione laburista, guidata da Isaac Herzog. È da destra, invece, che arrivano le critiche: per Avigdor Lieberman, ex-ministro degli Esteri e fondatore del partito ultranazionalista Israel Beiteinu, “Bisogna imporre la legge militare nei quartieri arabi di Gerusalemme e nei villaggi arabo-israeliani della Galilea”.
Secondo l’ANP, invece, le decisioni del governo “fanno parte integrante delle sanzioni collettive e della mentalità di divisione razziale”, “consacrano l’occupazione e l’ebraicizzazione di Gerusalemme”. “Se Netanyahu resterà fermo su queste soluzioni militari”, continua il comunicato, “non farà altro che gettare olio sul fuoco”.
Anche Human Rights Watch critica la scelta del governo: “Chiudere i quartieri di Gerusalemme est violerà la libertà di movimento di tutti i palestinesi residenti senza essere una risposta adeguata a una preoccupazione specifica”. Il comunicato è firmato da Sari Bashi, direttrice per la regione dell’ONG, lei stessa israeliana.
Il segretario di Stato USA John Kerry ha annunciato una visita in Medio Oriente nei prossimi giorni per “riportare la calma” fra israeliani e palestinesi. “Sarò lì presto per vedere se è possibile allontanarsi dal precipizio”, ha detto durante un intervento all’università di Harvard.
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