Sara Errani esulta al Roland Garros 2014
Si è conclusa la prima settimana di gare al Roland Garros e se il tabellone maschile ha fatto registrare l’eliminazione a sorpresa (ma non troppo) di Roger Federer, battuto dal potente lettone Ernests Gulbis, mentre avanzano, con difficoltà differenti, Nadal, Murray e Djokovic, è stato il torneo femminile a riservare le novità più clamorose. Un autentico terremoto. Fatto inedito tra le donne dove da sempre si registra un’aderenza molto maggiore che tra gli uomini a classifiche e gerarchie consolidate.
Dopo l’uscita al primo turno della testa di serie n. 2, la cinese Li Na (vincitrice a Parigi nel 2011) per mano della giovane ma molto promettente francese Mladenovic e l’eliminazione al 2° turno di Serena Williams, n. 1 del mondo e detentrice del titolo (da lei peraltro già conquistato anche nel 2002) per mano di Garbine Muguruza, n. 35 Wta, astro nascente del tennis iberico anche se di origine venezuelana, nello stesso giorno in cui anche la sorella Venus, ormai non più competitiva ad altissimo livello, dava il suo mesto addio al torneo, era arrivata anche l’eliminazione di Agnieszka Radwanska, n. 3 del seeding ad opera della croata Tomljanovic e quella della recente semifinalista al Foro Italico (unica a strappare un set a Serena in tutto il torneo romano) ed ex n. 1 del mondo (oltrechè vincitrice qui a Parigi nel 2008), la serba Ana Ivanovic da Lucie Safarova, non certo una specialista della terra. E ieri si è sfiorata un’altra clamorosa sorpresa con Maria Sharapova che, per un set e mezzo, è stata “bombardata” dall’australiana Samantha Stosur (colei che contese il titolo alla nostra Schiavone nel 2010), prima di uscir fuori bene alla distanza, complice anche la mancanza di tenuta mentale più ancora che fisica dell’avversaria. Una lista di eliminate premature eccellenti che sembra voler rivaleggiare con il Wimbledon dell’anno scorso per la palma dello Slam più sorprendente degli ultimi anni.
In sostanza, un’ecatombe di protagoniste che apre prospettive molto interessanti ad alcune delle “sopravvissute”. Tra queste, la nostra Sara Errani, già finalista qui nel 2012 e semifinalista l’anno scorso. Ora, anche alla luce della sconfitta di Ana Ivanovic che, sulla carta, poteva essere l’avversaria più insidiosa sulla strada della finale, la nostra Sarita avrà un cammino più agevole ma dovrà fare attenzione alla voglia di rivincita e all’esperienza di Jelena Jankovic oggi negli ottavi (semifinalista qui per tre anni di fila dal 2007 al 2010) che vorrà restituire alla romagnola la lezione che questa le aveva impartito due settimane fa nella semifinale degli Internazionali d’Italia. Qualora Sara dovesse farcela (non semplice ma la nostra parte leggermente favorita), per lei si prospetterebbe un quarto di finale contro la vincente dell’ottavo tra l’olandese Bertens e la rediviva tedesca Petkovic, un’occasione ghiottissima per arrivare in semifinale dove, presumibilmente, troverebbe la romena Simona Halep, n. 4 Wta, mai così bene a Parigi ma certamente più a suo agio sul duro (e prima di quest’anno mai oltre il 2° turno al Roland Garros). Insomma, sognare una seconda finale nel campionato del mondo su terra battuta non sarebbe così osè.
Magari in una riedizione dell’atto conclusivo dell’edizione del 2012 che la vide opposta alla vincitrice Maria Sharapova, comunque meno convincente rispetto ad allora.
Da sottolineare, comunque, che quasi tutte (l’eccezione è stata la Tomljanovic ma ne risentiremo parlare più volte negli anni a venire) le autrici di questi “upset” hanno poi superato la cosiddetta prova del nove, ossia hanno vinto anche il match successivo, quello tecnicamente più abbordabile. Segno che non si è trattato di fuochi di paglia. E la Muguruza, per esempio, è ancora in corsa. Sarà proprio la 21enne spagnola a tentare di sbarrare la strada alla Sharapova in un quarto di finale che si presenta molto più equilibrato di quanto sembrare in apparenza.
Un’altra giovane rampante che sta facendo vedere cose egregie è la ventenne canadese Eugenie Bouchard, già semifinalista ad inizio anno in Australia. Anche lei è nei quarti dove se la dovrà vedere con una specialista doc del rosso, la spagnola Carla Suarez Navarro.
Ai quarti, quindi, abbiamo già definiti gli accoppiamenti nella parte alta del tabellone che prevede: Muguruza-Sharapova e Suarez Navarro-Bouchard.
Nella parte bassa, ancora agli ottavi, avremo, invece: Kuznetsova (un felice ritorno alla ribalta per l’ex campionessa del 2009)-Safarova; Stephens (altra emergente della scuola Usa ma già nota al grande pubblico con una semifinale già raggiunta in Australia l’anno scorso)– Halep; Jankovic-Errani e Bertens-Petkovic.
La Errani si era presentata ai nastri di partenza di questo torneo con la pesante incognita della sua condizione fisica dopo l’infortunio patito alla coscia sinistra a metà del 1° set nella finale del Foro Italico con Serena Williams che l’aveva, di fatto, costretta a cedere senza poter difendere le proprie possibilità 6-0 nel 2° set.
Dopo un 1° turno molto laborioso contro la statunitense Madison Keys, n. 40 Wta, che, però va detto, gioca un tennis splendido con colpi piatti e violenti, sempre propositiva (un’altra giovane, ha solo 19 anni, di cui sentiremo parlare negli anni a venire), Sara ha progressivamente innalzato il livello del proprio gioco sino a travolgere le malcapitate Pfizenmaier e Glushko.
Quanto alle altre tenniste azzurre, detto della sconfitta patita al 1° turno da una Schiavone ormai sul viale del tramonto ad opera della già segnalata Tomljanovic e a cui non si poteva francamente chiedere di più, sarebbe stato lecito attendersi qualcosa di meglio dalle altre nostre ragazze. Roberta Vinci, sempre più in difficoltà in singolare, ha ceduto anche lei al 1° turno contro la francese Parmentier, vincitrice in rimonta al 3° set. Sempre al match d’esordio si è conclusa l’avventura di Karin Knapp, strapazzata dalla tedesca Barthel. Flavia Pennetta, invece, da quando ha trionfato ad Indian Wells intravvedendo la possibilità di rientrare tra le top ten, si è improvvisamente bloccata: ne ha dato conferma qui, dove ha battuto l’austriaca Mayr-Achleitner ma si è arresa al turno successivo con la non irresistibile svedese Larsson e, dopo essersi issata a 7-5 3-0, ha finito col cedere 5-7 6-4 6-2. Un black out inspiegabile. Come inspiegabile è l’improvvisa involuzione del suo tennis. Camila Giorgi, infine, dopo un ottimo esordio con la serba Jovanovski, ha subito un’autentica lezione di strategia dalla “vecchia volpe” Kuznetsova, molto più brava nel gestire i punti cruciali. Per la maceratese urge una full immersion di tattica. Vedere un talento così fulgido abbinato ad una potenza devastante mortificato dall’assenza di schemi alternativi al corri e spara a tutta è un vero peccato.
La Vinci, almeno, ha avuto modo di consolarsi grazie al doppio dove, in coppia con Sara, ha centrato la qualificazione ai quarti di finale.
Quanto al torneo maschile, anche qui sono definiti due quarti di finale, ma quelli della parte bassa del tabellone. Nell’ordine, Berdych-Gulbis e Raonic-Djokovic.
Il ceco ha battuto nettamente in tre set con un periodico 6-4 l’ultimo statunitense rimasto in gara, John Isner, in una battaglia di servizi e di potenza. Logico che, se a un maggior controllo ed incisività nei rimbalzi, si aggiunge che Berdych ha fatto meglio del rivale anche alla battuta, il punteggio non sarebbe potuto essere diverso.
Roger Federer stringe la mano ad Ernests Gulbis che lo ha appena battuto
Gulbis ha, invece, generato la sorpresa del torneo fin qui battendo in 5 set Roger Federer. Ma è una sorpresa relativa per due motivi: 1) il lettone vale molto più della sua attuale classifica (è n. 17 Atp, suo best ranking, ma era scivolato anche al n. 136 a fine 2012 manifestando propositi di ritiro e anche la madre gli aveva chiesto di piantarla lì con il tennis), un talento fuori dal comune, una potenza incontenibile (spesso anche per lui…) sia nel servizio che nei rimbalzi ma una testa e una vita non proprio da professionista. Per morfologia, caratteristiche tecniche ed eccessi fuori dal campo una riedizione, magari più colta (ama le letture impegnate e l’opera) di un altro “genio incompiuto” della racchetta, Marat Safin (e non che il russo fosse un ignorante…). Ora,messe da parte (almeno per ora) donne e alcol, il figlio di un noto multimilionario lettone (Ainars il nome di Gulbis senior) pare deciso a provare sul serio l’assalto al tennis che conta. E aveva già provato l’ebbrezza di battere il Re dei Re a Roma nel 2010. Con Roger che aveva quattro anni di meno. E sulla terra; 2) Federer, in match che si protraggono oltre le tre ore e mezza (su terra anche meno) non è più da corsa. La qual cosa mal si concilia con un torneo dello Slam dove si deve pedalare 3 su 5 per due settimane e ripetere l’operazione per 7 volte se si vuole alzare al cielo il trofeo. Troppo per lui oggi. E siccome vincere sempre in 3 soli set è irrealistico anche perchè non ha più gli stessi margini di superiorità (nè lo stesso sprint) di un tempo neanche contro avversari molto abbordabili è sufficiente che un Tursunov qualsiasi (senza offesa) lo faccia remare un pò più del dovuto per svuotargli il serbatoio di energie, non tanto fisiche (è integro) quanto nervose ( i cali di concentrazione che accusa da qualche tempo a questa parte gli erano sconosciuti prima). Il tutto aggravato da una superficie,la terra, su cui ha sempre faticato più del dovuto anche quando era nel pieno delle forze.
Questo spiega il risultato di ieri pomeriggio. Molto più degli errori pur marchiani ( su tutti uno smash divenuto assist per il rovescio mortifero del lettone) sul 40-15 sul proprio servizio quando era avanti 5-3 nel 2° set, avendo intascato il 1°. Fosse andato avanti due set a zero, forse (anzi, probabilmente, via) Federer avrebbe portato a casa il match. Ma ci sarebbe voluta una fattiva collaborazione di Gulbis (leggasi, cedimento nervoso, eventualità tutt’altro che remota dato il soggetto in questione). Già il match si stava allungando troppo. L’impressione era che, per una volta, l’esito del match sarebbe dipeso non dall’elvetico. E in ogni caso, contro il Berdych centratissimo visto ieri, non sarebbe partito favorito. Nelle condizioni attuali, lo svizzero ha già compiuto un’impresa non indifferente a “risorgere” nel 4°set e a forzare la conclusione al 5°. Ma lì non c’è stata più partita. Nè avrebbe potuto esserci.
E così con un 6-7 7-6 6-2 4-6 6-3 per Gulbis, Federer saluta il pubblico parigino (e così presto, a Parigi, non gli accadeva dal 2004 quando perse al 3° turno da Kuerten) per tornare dalla sua sempre più nutrita famigliola. E per iniziare a preparare Wimbledon. Lì l’erba potrebbe dargli una mano. Fermo restando quanto detto sulla necessità di chiudere in fretta gli incontri. E al netto di un sorteggio fortunato. Rimane , quello londinese, l’unico Slam che gli potrebbe concedere delle possibilità. Ma non partirebbe favorito assoluto neppure sui prati.
Sin qui, la sorpresa maggiore del torneo (anche in considerazione della qualità non eccelsa dell’avversario) rimane la sconfitta di Stanislas Wawrinka, n. 3 del seeding, battuto al 1° turno da Garcia-Lopez.
Il gigante canadese di origine montenegrina, Milos Raonic, conferma i progressi sul rosso già evidenziati a Roma e fa valere una cilindrata nettamente superiore nel match vinto in 3 rapidi set con un periodico 6-3 sullo spagnolo Granollers.
Il pubblico francese riponeva molte speranze nel beniamino di casa, Jo-Wilfried Tsonga, semifinalista l’anno scorso pur senza essere un vero specialista della terra. Ha dovuto applaudire, suo malgrado, la prestazione perfetta di Djokovic che, dopo aver sofferto più del previsto nel turno precedente con Cilic, ha riportato il livello del proprio tennis a quello dei due set conclusivi della finale di Roma: cioè inaccessibili per il moro di Francia. 6-1 6-4 6-1 il punteggio di una partita che non è mai stata tale. Piuttosto una lezione.
Oggi, di scena gli ottavi della parte alta del tabellone con: Nadal-Lajovic; Anderson-Ferrer; Garcia-Lopez- Monfils; Verdasco-Murray.
Nadal non dovrebbe avere problemi a raggiungere il connazionale Ferrer in un annunciato quarto. Detto questo e sottolineato che il maiorchino sin qui ha uno score immacolato (nessun set perso per strada), non è sembrato ancora quello ammirato qui fino allo scorso anno. Ferrer partirebbe sfavorito ma con delle chances.
Quanto a Murray, ieri ha completato il suo match-maratona sospeso per oscurità il giorno prima sul 7-7 nel 5° set contro il solidissimo tedesco Kohlschreiber. Lo scozzese ha visto le streghe ma, alla fine, dopo aver mancato anche un match point sul 9-8 (ma bravo il tedesco nella circostanza), ha chiuso sul 12-10. Fisicamente, Andy è in netto progresso. I problemi legati alla lunga e faticosa convalescenza dall’operazione chirurgica alla schiena di fine 2013 che lo hanno limitato per tutto il segmento iniziale della stagione in corso sembrano alle spalle. Rimangono gli atavici limiti su una superficie che non gli consente di appoggiarsi alla velocità di palla altrui. E, tatticamente, tende a giocare ancora troppo difensivo.
Un Nadal, pur non nella sua miglior versione, potrebbe arrivare nuovamente in finale.
Ma Djokovic (Raonic e Berdych o Gulbis permettendo) sarebbe il favorito della finale.
Ultima annotazione sui tennisti italiani:
Andreas Seppi ha fatto in pieno il suo dovere. Ha vinto le partite che doveva vincere, ossia i primi due turni con Giraldo e Monaco (che poi non sono neppure malaccio…) e ha perso la partita che era inevitabile perdesse contro Ferrer. Un buon torneo, quello dell’altoatesino.
Proprio Ferrer era stato in precedenza il giustiziere di Simone Bolelli, reduce da un’annata balorda con tanto di intervento chirurgico al polso e bravo a superare le qualificazioni, da dove era venuto fuori anche Arnaboldi. Un sorteggio crudele li aveva messi di fronte al 1° turno dove Bolelli aveva prevalso. Bravi entrambi.
Inutile dire che le nostre speranze si appuntavano, però, sulle prestazioni di Fabio Fognini, testa di serie n. 14. Bene, il ligure ha superato in scioltezza i primi due turni contro il tedesco Beck e il brasiliano Bellucci. Poi, la sfida con Monfils, rivincita del match che Fabio aveva vinto per 9-7 al 5° set nel 2010. Avversario scomodo (arrivato anche a n. 7 Atp nel 2011), pubblico contro. Condizioni difficili, dunque. Ma tutt’altro che impossibili. Fabio poteva e doveva farcela. Semplicemente perchè gioca meglio a tennis. E non solo di Monfils. Al netto di tutti i fiumi di inchiostro che si sono spesi sull’ infortunio reale o presunto accusato, a più riprese, dal francese nel corso del match. Fabio aveva il dovere di mantenere la calma e la lucidità anche in un ambiente chiaramente ostile. Cercando di allungare gli scambi contro un avversario in difficoltà negli spostamenti, in primis. E poi evitando il quantitativo industriale di errori gratuiti commessi (saranno 81 a fine match, quasi il doppio di Monfils). E servendo una % accettabile di prime palle. Nulla di tutto ciò è accaduto. Peccato. Davvero. Avrebbe avuto in ottavi Garcia-Lopez e nei quarti, probabilmente, Murray che, seppur molto migliore rispetto ad aprile, Fabio aveva letteralmente scherzato sulla terra battuta di Napoli in Davis. Il ligure ha 27 anni. Il tempo passa.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Do il mio consenso affinché un cookie salvi i miei dati (nome, email, sito web) per il prossimo commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy