Marianna Madia con Matteo Renzi
Riforma della PA alle battute finali. Venerdì sarà il gran giorno della presentazione in Consiglio dei ministri del provvedimento predisposto da Marianna Madia che dovrebbe, negli intendimenti del governo, esser approvato in tempi piuttosto brevi. Il giorno prima, invece, è previsto l’incontro tra il ministro e i sindacati per presentare l’ultima bozza del testo.
Un confronto che, salvo ipotesi di rinvii della discussione, si rende, a questo punto, necessario: molte sono, infatti, le modifiche apportate alla bozza su cui il governo aveva invitato i cittadini a formulare, via mail, le proprie osservazioni.
Ad esempio, viene esposto in modo più dettagliato come si intende procedere in tema di riforma delle camere di commercio: l’idea è quella di accorparle in modo da averne al massimo una per regione, con contestuale obbligo di destinare la metà dei risparmi così ottenuti ad “interventi straordinari a favore delle imprese”. A ben guardare, una delle novità che meno “stravolgono” l’impianto originario se paragonata, ad esempio, alla rinuncia allo strumento dei prepensionamenti (i cd. “esoneri dal servizio“) che sembrava essere la via prescelta dal governo per favorire la “staffetta generazionale” e garantire la mobilità lavorativa.
Quali le alternative per conseguire il tanto sospirato ricambio generazionale?
Innanzitutto, verrà abolito il trattenimento in servizio, cioè la possibilità di continuare a lavorare per due anni dopo l’età della pensione. Il governo pensava di liberare così 10 mila posti, ma coinvolgendo anche altri settori, come giustizia, sanità e università, si potrebbe arrivare almeno a 15 mila.
C’è, però, un’ultreriore possibilità che fa leva sul turn-over tra entrate ed uscite. Attraverso un differente sistema di calcolo, non si guarderebbe più al numero delle persone ma all’ammontare dei loro stipendi. Un cambiamento che, di fatto, farebbe venire meno la sacralità della pianta organica, aprendo la strada anche a nuovi esuberi.
Piuttosto incisive, poi, le modifiche delle regole in materia di mobilità che assumerebbe una configurazione molto diversa da quella che conosciamo. Non solo perché viene eliminata, per gli spostamenti volontari, la necessità del nullaosta da parte dell’amministrazione di provenienza. Ma, soprattutto, perché il passaggio da un ufficio all’altro sarà possibile anche senza l’assenso del lavoratore interessato. A patto che sia conservato lo stesso stipendio e il «trasloco» avvenga entro certi limiti geografici.
Qualche differenza rispetto alla bozza del provvedimento originario è possibile scorgere anche sull’annunciata riduzione delle Prefetture: sarebbero dovute essere 40, una per regione con qualche deroga al Sud nelle zone a più alto rischio criminalità. Ma si sta facendo largo l’ipotesi di una riduzione meno drastica: 56 Prefetture.
Nesuna incertezza, invece, sul dimezzamento dei permessi sindacali. La spiegazione del ministero, nel documento inviato agli stessi sindacati, è l’unica che non arriva nemmeno ad una riga: “Il governo ritiene la misura necessaria”.
Inizia ora il confronto tra governo e parti sociali. Facile prevedere che sarà piuttosto aspro. Più complicato prevedere oggi quanto inciderà sul rispetto della rigorosa tabella di marcia fissata nel cronoprogramma con cui il presidente del consiglio Renzi si era presentato alle Camere per la fiducia a febbraio.
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