Negli ultimi due anni Massimo Volume e Bachi da Pietra hanno condiviso davvero tanto: palchi, “stanze” (per dirla con i primi), strade, musica e idee, oltre a moltissime date in giro per l’Italia. A sigillare questo lungo tratto di percorso comune, un paio di mesi fa è uscito uno Split-Ep di soli quattro brani in cui i Massimo Volume reinterpretano “Morse” dei Bachi e questi ultimi fanno lo stesso con il brano “Litio” dei colleghi bolognesi.
Gli altri due pezzi presenti sul disco sono invece due inediti, uno per gruppo. “Ci è sembrata la maniera migliore per testimoniare il tempo passato insieme, così come la stima e l’affetto che ci legano”, ha dichiarato Emidio Clementi, voce e basso dei MV.
I prossimi appuntamenti per riascoltarli insieme dal vivo saranno:
12 luglio: Roma, Parco San Sebastiano – Roma Vintage Festival
15 luglio: Sordevolo (BI) – Libra Festival
29 luglio: Marina di Ravenna (RA), Hana-Bi
L’esordio dei Massimo Volume è datato 1993: già dal primo album, “Stanze”, a colpire l’ascoltatore è il personalissimo sound della band, composto di trame tese e distorte e caratterizzato dal tipico cantato-recitato clementiano, fatto di testi spesso intimistici e di forte densità emotiva. Seguono i due loro dischi forse più rappresentativi: “Lungo i Bordi” (1995) e “Da Qui” (1997), che contengono alcune delle pietre miliari della loro produzione artistica e che ancor oggi vengono generosamente riproposte dal vivo: parliamo di brani dalla scrittura essenziale e corrosiva come “Il primo Dio”, “Fuoco Fatuo”, “Pizza Express”, “Atto Definitivo”, “Manhattan di Notte”. Passano due anni ed arriva il momento di “Club Privé”, altro successo di critica. L’anno seguente i nostri sono impegnati nella composizione della colonna sonora del film “Almost Blue”, opera prima del regista romano Alex Infascelli, tratta dal romanzo omonimo di Carlo Lucarelli. Il successo della pellicola (David di Donatello e Nastro d’Argento come miglior regista esordiente) amplifica ulteriormente la notorietà dei nostri e ne sancisce la definitiva consacrazione. Finché, inattesa, nel febbraio 2002 arriva la notizia dello scioglimento del gruppo. Emidio “Mimì” Clementi impiega sempre più diffusamente le sue energie creative in ambito letterario, non solo come autore di romanzi, mentre gli altri componenti della band si dedicano a progetti musicali paralleli. Ci vorranno sei anni per rivederli di nuovo insieme e l’occasione sarà offerta dalla partecipazione al Traffic Festival, in una straordinaria serata condivisa con Patti Smith ed Afterhours. Nel 2009 esce il loro primo live, “Bologna Nov. 2008” e l’anno successivo è la volta di “Cattive Abitudini”, che segna il loro ritorno in studio dopo oltre dieci anni. Ancora Clementi: “Il sound è rimasto ovviamente quello tipico dei Massimo Volume, ma si è ancor più personalizzato, è ancor più denso, profondo, e sviluppato proprio grazie a fraseggi chitarristici sempre più oliati che funzionano e si incastrano alla perfezione. Questo anche grazie all’ingresso in formazione di Stefano Pilia (il nuovo chitarrista, che ha preso il posto di Gabriele Ceci, mentre restano fissi nell’organico sia Egle Sommacal, l’altra chitarra, che Vittoria Burattini alla batteria, ndr): Stefano si è inserito molto bene; lui già conosceva i pezzi del nostro repertorio ma nel momento creativo è stato molto bravo ad adattarsi psicologicamente a quelle che sono le nostre dinamiche di gruppo, impreziosendo il tutto con il suo stile”.
I Bachi da Pietra nascono nel 2004 dall’incontro tra il chitarrista e cantante Giovanni Succi (ex Madrigali Magri) e il batterista Bruno Dorella (Wolfango, Ronin e gli strabilianti OvO). Il loro album d’esordio, “Tornare nella Terra” (2005), viene registrato nella cripta della Chiesa di S.Ippolito di Nizza Monferrato (AT) e pubblicato, come quelli che seguiranno, dalla Wallace. E’ un vero pugno nello stomaco. Un lavoro in cui troviamo già presenti gli stessi ingredienti che definiscono a tutt’oggi la straordinaria formula proposta dal duo, a metà strada tra il rock decostruito, figlio della scena post-rock americana, e un blues scuro, scarno e penetrante. Poche note cesellate con un macete. E un cantato spesso appena mormorato ma non meno ruvido e incisivo dell’ordito sonoro su cui si inserisce. Del 2007 è il bellissimo “Non Io”, nel 2008 arriva “Tarlo Terzo” e nel 2010 l’ennesima conferma con “Quarzo”, così presentato da Succi: “Quarzo. Il materiale granitico di cui è fatta, per lo più, la palla dove siamo in giostra, intorno a questa stella, nei 30 Km al secondo che ci inchiodano al suolo. Qualche giro in un frattempo sfuggente… In quell’unico presente che ci tocca in sorte…“. Dischi che fanno dei Bachi la realtà musicale forse più originale e interessante nata sul nostro territorio dalla comparsa degli Zu, con il loro indimenticabile “Bromio” (1999), ad oggi.
Riccardo Ruggenini
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