La strada che porta alla costruzione di luoghi di culto per le minoranze religiose a Milano è ancora lunga e accidentata. La fine del concorso promosso dal Comune, con la graduatoria provvisoria pubblicata dalla commissione di valutazione, ha aperto più problemi nuovi di quanti ne abbia risolti. Nel frattempo le opposizioni promettono di ricorrere a tutti gli strumenti in loro potere per ostacolare l’iter.
I lotti da assegnare sono tre: un primo spazio in via Marignano, gli ex bagni pubblici di via Esterle e l’area dell’ex Palasharp, dove ora sorge la moschea-tenda gestita dall’Istituto di cultura islamica di viale Jenner.
Il regolamento del concorso prevede che i rappresentanti di una sola confessione non possano ottenere più di due luoghi di culto. In testa a tutte e tre le graduatorie, invece, ci sono progetti di moschee: i musulmani, oltre centomila unità secondo le stime, sono di gran lunga la minoranza religiosa più consistente fra Milano e i comuni dell’hinterland. Una delle tre associazioni sarà costretta a cedere il passo alla seconda classificata.
Sul primo sito guida la graduatoria il Centro islamico di Segrate, che già gestisce una moschea. Sul secondo la Bangladesh Cultural and Welfare Association (BCWA) ha presentato una proposta migliore della Casa della cultura islamica di via Padova. Il terzo sito, che il Comune sperava di poter assegnare all’Istituto di viale Jenner – il cui riconoscimento ufficiale era uno degli obiettivi dichiarati dell’intera iniziativa –, vede invece in vantaggio l’Associazione islamica di Milano, che fa capo al CAIM (Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, Monza e Brianza), una rete di associazioni islamiche che comprende anche la BCWA.
L’ambizioso progetto del CAIM è firmato dall’architetto Italo Rota, comprende una moschea e un parco ed è stato progettato con l’aiuto di un’associazione milanese di donne musulmane. Compresa la demolizione delle strutture ora presenti sul lotto, costerà non meno di dieci milioni di euro, circa metà dei quali dovrebbero essere versati da enti politici e fondazioni italiane e straniere, soprattutto da Kuwait, Qatar e Turchia; il resto arriverà dalle donazioni di privati.
Tutti finanziamenti in regola: “Rispettiamo tutte le norme italiane sulla tracciabilità e la trasparenza”, ha dichiarato Davide Piccardo, coordinatore del CAIM.
Ma restano diversi altri nodi da sciogliere. Tanto per cominciare la rivalità con l’Istituto di viale Jenner, uscito l’anno scorso dalla rete coordinata da Piccardo. Il CAIM non gode neppure di particolari simpatie a palazzo Marino, dove alcuni lo accusano di scarsa trasparenza.
Prima di far partire i cantieri, inoltre, serviranno almeno due passaggi burocratici tutt’altro che scontati. Il primo è il cambio di destinazione d’uso delle aree interessate, che dovrà essere deciso in Consiglio comunale, e sul quale le opposizioni promettono battaglia.
“In Consiglio faremo un ostruzionismo tale che in confronto quello per il Leoncavallo è stato cosa da principianti. Si preparino a passare l’autunno, l’inverno e la primavera a discutere solo su questo, se hanno intenzione di proseguire”, annuncia Riccardo De Corato (FDI). Anche la Lega Nord, per bocca del consigliere Luca Lepore, ha fatto sapere di avere un ricorso pronto.
Il secondo passaggio sarà un’istruttoria per scongiurare qualsiasi tipo di infiltrazioni di terroristi o simpatizzanti nella struttura.
“Viale Jenner torna come dieci anni fa” ha commentato il presidente dell’Istituto di cultura islamica, Abdel Hamid Shaari. Si riferisce a quando, prima di erigere il tendone nell’area dell’ex Palasharp, le dimensioni anguste della sede centrale costringevano i frequentatori del suo centro a pregare per strada.
Sull’assegnazione definitiva del progetto di via Esterle c’è un altro ostacolo: l’associazione bengalese che a sorpresa guida la graduatoria, anch’essa affiliata al CAIM, ha un contenzioso aperto con il Comune, che le contesta di avere adibito abusivamente al culto un seminterrato in via Cavalcanti. Il CAIM fa notare che il contenzioso è partito dopo la chiusura del bando, e poi non è affatto scontato che lo vinca il Comune. Se la BCWA dovesse vedersi strappata l’assegnazione, è facile pensare che presenti un ricorso al TAR, e che i tempi lievitino di conseguenza.
Potrebbe pensare a un ricorso anche l’associazione di Segrate: avendo presentato la proposta vincente meno vantaggiosa dal punto di vista economico, è la maggiore indiziata per essere costretta a cedere il passo al secondo classificato. Nel caso dello spazio di via Marignano si tratterebbe della Shalom Gospel Church, una congregazione evangelica singalese che ora si riunisce a Sesto San Giovanni.
Filippo M. Ragusa
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