La sentenza emessa ieri sera dalla Cassazione smonta l’accusa: il sodalizio guidato dall’ex NAR Massimo Carminati e da Salvatore Buzzi non era associazione mafiosa. Per i giudici, come già sostenuto nel giudizio di primo grado, esistevano due differenti associazioni, quella che faceva capo a Carminati e l’altra a Buzzi. Cadono anche molte delle accuse contestate ad entrambi gli esponenti principali: per il primo l’accusa fittizia di intestazione di beni, per Buzzi invece turbativa d’asta e corruzione.
La sesta sezione penale aveva al vaglio la posizione di 32 imputati, di cui 17 condannati dalla Corte d’Appello di Roma lo scorso anno, a vario titolo per mafia. L’accusa mossa dalla Procura di Roma, a capo della quale Giuseppe Pignatone, ruotava attorno alla costituzione di una ‘nuova’ mafia, con propaggini nel mondo degli appalti della Capitale. Mercoledì scorso la procura generale della Cassazione aveva chiesto la sostanziale convalida della sentenza d’appello. Ora si dovrà rifare l’appello per il ricalcolo delle pene anche per Luca Gramazio, ex capo PDL alla Regione Lazio, e Franco Panzironi, ex ad Ama, entrambi agli arresti da 5 anni. La sentenza che non riconosce il 416bis, reato caduto già in primo grado ma ammesso in Appello, giunge a cinque anni dall’operazione che con due retate, il 2 dicembre 2014 e il 4 giugno 2015, ha portato all’arresto rispettivamente di 37 e 44 persone.
Ad accogliere la sentenza della Suprema Corte la sindaca di Roma Virginia Raggi, la cui elezione si deve proprio al castello di accuse che si sta smontando, grazie al quale i Cinque Stelle e quindi la candidata alla poltrona di sindaco, hanno conquistato la Capitale tre anni e mezzo fa.
”Questa sentenza conferma comunque il sodalizio criminale”, commenta Virginia Raggi. Di sciacallaggio politico parla invece l’ex sindaco Gianni Alemanno: “Credo che Roma abbia pagato tanto queste accuse insultanti, la Cassazione ha detto una parola definitiva. C’è stato sciacallaggio politico e la presenza della Raggi lo ha dimostrato ancora una volta”, che attende sia riconsiderata ora anche la sua posizione: è stato indicato dal pm Tescaroli come “L’uomo politico di riferimento dell’organizzazione Mafia Capitale all’interno dell’amministrazione comunale “ e condannato a 6 anni.
Dopo la sentenza della Cassazione su Mondo di Mezzo, è stato eseguito nella notte, dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Roma, un ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Roma per 9 persone. Le porte del carcere si sono aperte per l’ex presidente dell’Assemblea Capitolina Mirko Coratti, per l’ex dirigente che si occupava della cura del Verde a Roma Claudio Turella, Sandro Coltellacci, Franco Figurelli, Guido Magrini, Mario Schina, Andrea Tassone e Giordano Tredicine.
Per alcuni degli arrestati è stata applicata la legge ‘Spazzacorrotti’, approvata il 31 gennaio scorso e che introduce “misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”. Sulla legge pende un ricorso davanti alla Consulta.
“Ci aspettiamo che venga immediatamente revocato il 41bis, ovvero il regime di carcere duro, se ciò non dovesse accadere siamo pronti a fare istanza”. E’ quanto afferma l’avvocato Cesare Placanica, difensore di Massimo Carminati, dopo la decisione della Corte di Cassazione che ha fatto cadere l’accusa di associazione mafiosa per l’ex Nar. “In queste ore – aggiunge il penalista – stiamo valutando anche di presentare una istanza di scarcerazione nell’attesa che la Corte d’Appello di Roma ridetermini la pena”.
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