Il GP di Montecarlo stavolta non ha offerto solo la consueta cornice molto glamour e un po’ civettuola ( a proposito: piuttosto scarsa la presenza di vip tra tribune e paddock). Ha elargito emozioni in pista, merce rara da queste parti, viste le peculiarità di un tracciato poco favorevole ai sorpassi. In molti l’hanno definita, senza voler scadere nel sensazionalismo spicciolo, una corsa-thrilling o, addirittura, “pazza”.
E lo è stata per davvero perché è successo un po’ di tutto. Partenza bruciante per la Ferrari di Alonso, bravissimo nel recuperare subito una posizione rispetto alla griglia. Vettel, con la sua Red Bull, mantiene saldo il comando. Bravissimo il giovane campione tedesco, molto più talentuoso di quel che dia a vedere, a prescindere dall’indiscutibile superiorità della sua monoposto ( del resto, aveva già vinto anche alla guida della non irresistibile Toro Rosso) e lo dimostra in almeno due occasioni. La prima quando, trovatosi dopo la sosta gomme ( l’unica della sua gara) 15” dietro a Button, trova il coraggio di rischiare il tutto per tutto per andarlo a riprendere. E ci riesce. La seconda è quando mostra una grandissima personalità disattendendo le indicazioni del suo box di fermarsi per una seconda volta. Non lo fa. Decide che è meglio rischiare con gomme dure e usurate.Mal che vada, finirebbe, comunque, terzo. Non andrà così. Ma meglio, molto meglio. Ed è anche fortunato, il campione in carica, perché quando Alonso e Button gli sono ormai addosso e l’iberico aspetta solo il momento più propizio per sorpassarlo, ecco l’ultimo colpo di scena della corsa ( non della giornata e poi vedremo perché): l’ingresso in pista della safety car a sette giri dal termine ( causato da un’incredibile carambola che vede coinvolti Hamilton, Alguersuari e Petrov, poi finito in ospedale ma senza conseguenze), seguito dalla bandiera rossa che manda tutti ai box e consente al tedesco, in palese sofferenza, un salvifico cambio di gomme. Alla ripresa delle ostilità, tutto è ormai chiaro. I tre duellanti giungeranno al traguardo nell’ordine in cui si trovavano prima. Ma non era stato, quello, il primo ingresso in pista della safety car. La corsa è stata caratterizzata, infatti, da molte collisioni, con Hamilton quasi sempre protagonista. Occasione sprecata per la Ferrari di Alonso. Ha corso in modo eccellente. Come eccellente era stata la strategia elaborata dagli uomini di Maranello. Due soste. Decisamente più azzeccata che non l’unica della Red Bull o le tre della McLaren di Button ( anche lui ha avuto molto da recriminare: con due soste avrebbe vinto, con ogni probabilità, lui). Ma non si venga a dire, adesso, che questa “resurrezione” ferrarista sia conseguita ai cambiamenti voluti nello staff tecnico con l’allontanamento di Aldo Costa. La 150 Italia che ha rischiato di vincere a Montecarlo è esattamente la stessa che, una settimana prima, in Spagna, aveva subito l’onta del doppiaggio. Diverse erano semplicemente le condizioni di gara. Il tracciato di Montecarlo è molto più adatto alla Ferrari. E, in proporzione, molto meno alla Red Bull. Che, invece, si trova, così, ad incamerare ulteriori punti, preziosissimi proprio perché su altre piste le macchine della casa anglo-austriaca faranno etteralmente il vuoto. Ma tant’è. Resta, in ogni caso, la soddisfazione di aver conseguito un secondo posto che rappresenta anche la miglior prestazione stagionale in casa Ferrari. Questo rende anche l’idea del tipo di annata che si sta vivendo a Maranello e dintorni. E restano negli occhi di tutti gli appassionati anche le immagini dell’avvincente duello a tre per la vittoria. Arricchito dalla suggestione che ad animarlo erano tre piloti che hanno tutti almeno un titolo mondiale in bacheca. Piuttosto sconfortato, a fine gara, Alonso, consapevole del fatto che, ad onta di una grandissima sua prestazione, il divario in classifica con Vettel ( come anche quello che separa la Ferrari della Red Bull nella classifica del mondiale costruttori, del resto) è ormai incolmabile. E non siamo arrivati neanche a metà stagione. Più possibilista e combattivo, almeno a parole, Domenicali. Molto peggio è andata all’altra Ferrari, quella di Felipe Massa. Si è dovuto ritirare per aver urtato violentemente nel tunnel, a seguito di un contatto con Hamilton che aveva tentato un sorpasso un po’ azzardato al Loews. Molto duro, il pilota brasiliano, nei confronti del collega britannico che avrebbe meritato una punizione ben più severa del semplice drive through , auspicandone la sospensione per almeno una gara. E qui si introduce un altro tema delicato. Quello del comportamento, in gara e fuori, di Lewis Hamilton. Va bene guidare sempre al limite (fa parte del gioco, si suole dire limite proprio per questo), ma le sue gare cominciano a somigliare sempre più sinistramente a partite di bowling. A Montecarlo ha fatto letteralmente strike. Prima la collisione con Schumacher, costretto al ritiro, poi quella di cui sopra con Massa ( e su queste due ancora si potrebbe discutere circa la liceità delle manovre del pilota della McLaren), dulcis in fundo, il “contatto” con l’incolpevole Maldonado che ha interrotto anzitempo la prova del venezuelano che, diversamente, avrebbe agguantato un sicuro 6° posto. Immediata la sanzione: 20” di penalità. E bravi i commissari di gara a comminarla senza aspettare tempi biblici come ci si era ormai tristemente abituati. Ma ciò che desta il maggior sconcerto è l’atteggiamento tenuto da Hamilton nel dopo gara. Non una scusa porta ai colleghi, etichettati, anzi, come dei piloti “ridicoli”, ma solo professione di vittimismo, tanto al chilo ( “Puniscono sempre me. Forse perché sono nero”), infarcita di espressioni di cattivo gusto. Immancabili, poi, quanto immancabilmente tardive sono arrivate, attraverso Twitter, le scuse ufficiali a Massa e Maldonado ( “Sono due piloti fantastici che godono della mia più alta stima”). Frasi di circostanza suggeritegli dal suo entourage? Forse, farebbero meglio a dirgli di darsi una calmata.
Daniele Puppo
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