Il Nobel per la Medicina 2016 è stato assegnato al giapponese Yoshinori Ohsumi. Biologo cellulare, a lui la scoperta per la scoperta del meccanismo dell’autofagia, con cui le cellule riciclano le sostanze di scarto. Una scoperta molto importante perché ha permesso di capire che le mutazioni che avvengono nei geni che garantiscono il funzionamento di questo meccanismo di riciclaggio delle cellule possono condizionare la risposta dell’organismo alle infezioni ed essere coinvolti in molte altre malattie, come quelle neurologiche e i tumori.
L’annuncio dell’assegnazione dell’ambito riconoscimento internazionale è stato dato oggi, come da tradizione al Karolinska Institutet di Stoccolma. I vincitori sono stati scelti fra i 273 scienziati candidati quest’anno. Il premio ammonta a 8 milioni di corone svedesi, al cambio odierno oltre 830mila euro.
‘Sorpreso’ il vincitore: “Ero nel mio laboratorio“ ha risposto Ohsumi, quando il segretario generale dell’assemblea dei Nobel del Karolinska Institutet l’ha raggiunto telefonicamente per comunicargli che aveva ricevuto il prestigioso riconoscimento.
Yoshinori Ohsumi è nato nel 1945 a Fukuoka. Ha ottenuto il dottorato di ricerca all’Università di Tokyo nel 1974. Dopo aver lavorato tre anni alla Rockefeller University di New York, ha fatto rientro all’ateneo nipponico dove ha formato il suo gruppo di ricerca nel 1988. Dal 2009 è professore al Tokyo Institute of Technology.
Il biologo cellulare si è aggiudicato il premio Nobel con anni di studio sul lievito di birra per scoprire tutti i segreti dell’autofagia, un processo fondamentale per la degradazione e il riciclo dei componenti cellulari. Lo scienziato ha identificato e chiarito i meccanismi dell’autofagia, parola di origine greca che significa ‘auto-mangiare’. Un concetto emerso nel corso degli anni ’60, quando i ricercatori hanno osservato che la cellula poteva distruggere il suo stesso contenuto impacchettandolo in membrane, in modo da formare vescicole simili a mini-sacche che vengono trasportate nelle ‘centrali del riciclo’, i lisosomi, per essere degradate.
La difficoltà di studiare l’autofagia ha fatto sì che si sapesse ben poco di questo processo fino a quando, grazie a una serie di esperimenti brillanti condotti nei primi anni ’90 da Ohsumi sul lievito di birra, sono stati identificati i geni chiave del meccanismo. Lo scienziato ha poi continuato a esplorare l’autofagia nel lievito, e ha dimostrato che un simile ‘meccanismo sofisticato’ viene usato anche nelle cellule umane. Le scoperte di Ohsumi hanno aperto la strada alla comprensione dell’importanza fondamentale dell’autofagia in numerosi processi fisiologici, come l’adattamento alla fame o la risposta alle infezioni. Mutazioni nei geni dell’autofagia possono causare malattia e il processo è coinvolto in diverse condizioni, tra cui il cancro e le patologie neurologiche.
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