Due miliardi di chili tra penne, tagliatelle, spaghetti e altro. Stiamo parlando solo del consumo all’estero del piatto principe del Made in Italy. Nel World Pasta Day, la giornata in cui si celebra in tutto il mondo (ad Istanbul per il convegno “Pasta: The Sustainable, Healthy and Delicious Food” oggi si riuniscono produttori, economisti, nutrizionisti, opinion leader e media di tutto il mondo) l’alimento base della dieta mediterranea, il più apprezzato dal palato dei buongustai, l’Italia festeggia il record storico delle esportazioni di pasta che ha toccato nel 2013 quota 2 miliardi di chili. La stima è stata elaborata da Coldiretti sulle proiezioni Istat relative alle vendite effettuate nei primi otto mesi dell’anno.
In termini quantitativi l’aumento della domanda di pasta dall’estero è del 6 per cento. A spingere le esportazioni è stata anche la capacità di innovazione dell’ industria italiana con l’ affermarsi sul mercato della pasta ottenuta al 100 per 100 dal grano italiano per iniziativa del progetto Firmato dagli agricoltori italiani (Fai) della Coldiretti che ha reso disponibile il prodotto dalle principali catene distributive alle botteghe di Campagna amica in Italia, ma anche fuori dai confini nazionali.
In un momento di crisi la pasta vince anche perché garantisce un importante apporto nutrizionale (la pasta ha carboidrati complessi che forniscono energia a rilascio più lento, basso indice glicemico, buona fonte di proteine, povera di grassi, e con un indice calorico apprezzabile) a costi contenuti ed è un simbolo del cibo made in Italy particolarmente apprezzato all’ estero.
Nonostante i risultati positivi raggiunti sul mercato quest’ anno però – la denuncia è di Coldiretti – il grano duro viene sottopagato agli agricoltori italiani su valori di 25 centesimi al chilo, inferiori di circa il 20 per cento rispetto allo scorso anno, che non riescono neanche a coprire i costi di produzione. La situazione rischia di far chiudere le aziende agricole che risentono anche della mancanza di trasparenza nell’etichetta, dove non è ancora obbligatorio indicare la provenienza del grano impiegato, che favorisce quindi un acquisto della materia prima all’estero, nei paesi dove non si effettuano controlli sulla sicurezza alimentare e sull’ ambiente.
A livello nazionale i consumi di pasta delle famiglie italiane hanno tenuto più degli altri prodotti con un calo di appena l’ 1,3 per cento in termini quantitativi, sulla base dei dati relativi ai primi otto mesi del 2013. Ognuno di noi, spiegano le statistiche, consuma 26 kg di pasta tra sec (22) e fresca (4). Una quantità che è tre volte superiore a quella di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quella di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiore a quella di un giapponese.Per non rinunciare a un buon piatto di spaghetti l’orientamento che si sta sempre più consolidando all’interno degli acquisti delle famiglie è verso confezioni ‘ low-cost’ e format distributivi più convenienti come i discount (+4,5 per cento).
A livello nazionale i consumi di pasta delle famiglie italiane hanno tenuto più degli altri prodotti con un calo di appena l’ 1,3 per cento in termini quantitativi, sulla base dei dati relativi ai primi otto mesi del 2013. Ognuno di noi, spiegano le statistiche, consuma 26 kg di pasta tra sec (22) e fresca (4). Una quantità che è tre volte superiore a quella di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quella di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiore a quella di un giapponese.Per non rinunciare a un buon piatto di spaghetti l’orientamento che si sta sempre più consolidando all’interno degli acquisti delle famiglie è verso confezioni ‘ low-cost’ e format distributivi più convenienti come i discount (+4,5 per cento).
Il podio di ‘pastaioli’ spetta dunque a noi italiani, ma il Venezuela ci rincorre con 13 chili all’ anno pro capite e la Tunisia con 12 chili. A livello europeo invece c’è la Grecia con 10,4 chili. L’ Italia mantiene anche la leadership di primo produttore globale: nel 2012 la produzione di pasta si è mantenuta sostanzialmente stabile, con 3,3 miliardi di chili prodotti per un valore di oltre 4,6 miliardi di euro. Subito dopo, ma con valori di gran lunga inferiori, ci sono Stati Uniti (2 milioni di tonnellate), Brasile (1,3 milioni) e Russia e Turchia a meno di un milione di tonnellate annue.
“Chi mai fosse tra i ghiottoni l’inventor dei maccheroni….” Se Marco Polo la portò dalla Cina ma fosse già conosciuta ai tempi dei greci (sembra che Cicerone andasse in giro parlando di làgana, la nostra attuale lasagna) a noi poco importa. Quello che è fondamentale, invece, oltre alle garanzie di una produzione italiana di pasta fatta con materie prime selezionate, è continuare a mantenere e tramandare le buone tradizioni familiari, locali, nazionali: siamo o no, capaci di mettere in tavola ogni giorno un piatto di pasta di formato e di sapore sempre diversi? Sono queste, insieme alle indiscusse proprietà nutrizionali e al suo essere amica dell’ambiente (basta solo un po’ di acqua e farina per tirare fuori la più semplice espressione di pasta), le principali ragioni di un successo che non tramonterà nei secoli.