Il decreto pensioni sarà un flop. Lo afferma in una nota il sindacato Uil (Unione italiana del lavoro) commentando il decreto sul part time agevolato per i lavoratori in uscita firmato ieri dal Ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
La norma, introdotta nella legge di Stabilità 2016 intende promuovere il principio di “invecchiamento attivo”, ovvero l’uscita graduale dall’attività lavorativa ed interessa i dipendenti del settore privato che, aventi particolari requisiti, potranno scegliere in accordo con l’azienda, di ridurre l’orario di lavoro fino al 60%.
Sono molti gli aspetti del decreto che il sindacato mette in discussione. Inanzittutto, non aumenta in nessun modo la flessibilità di accesso alla pensione per i lavoratori; flessibilità in uscita che secondo Uil dovrebbe essere prevista a 62 anni: “Questo permetterebbe di riattivare anche un positivo turn over nel mercato del lavoro a beneficio dei giovani”.
Vi è poi il problema della attuabilità di una norma a rischio flop, in quanto “scarica la maggior parte dei costi sul datore di lavoro”. “Questi – continua il sindacato – dovrà versare in busta paga al lavoratore la contribuzione piena che avrebbe pagato all’Inps in assenza del part-time. Un costo non indifferente che scoraggerà il datore dal consentire la trasformazione del rapporto.”
Pensioni Part-Time: cosa cambia. Cerchiamo di capire in cosa consiste il “contratto di lavoro a tempo parziale agevolato”, a chi si rivolge il contratto di e quando può ritenersi valido ed applicabile.
A chi si rivolge. Possono usufruire della riduzione dell’orario di lavoro dal 40 al 60% tutti i lavoratori privati che hanno un contratto a tempo indeterminato e svolgono un orario pieno e che abbiano alle spalle almeno venti anni di contributi. Colui che vuole accedere al nuovo meccanismo dovrà inoltre aver maturato il requisito anagrafico (63 anni e 7 mesi), e quindi essere a circa tre anni dalla pensione, entro il 31 dicembre 2018.
Cosa cambia in busta paga. La norma garantirebbe al lavoratore che passa al part time di mantenere gli stessi contributi dell’impiego a tempo pieno. In altre parole, ogni mese il datore di lavoro dovrà corrispondere al dipendente, in aggiunta allo stipendio per il lavoro part-time, anche i contributi previdenziali sulla retribuzione per l’orario non lavorato, nel limite massimo di 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018.
La contribuzione figurativa, che non comprende l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, permetterà al lavoratore di ricevere la pensione per intero, senza alcuna decurtazione dovuto alla riduzione di orario d’impiego.
Quanto dura il contratto. Questo tipo di accordo tra azienda privata e dipendente durerà per un periodo compreso tra la data di accesso al part-time e la data di maturazione dei requisiti minimi richiesti al lavoratore per accedere alla pensione di vecchiaia. Una volta firmato il contratto, è previsto entro cinque giorni il rilascio del nulla osta da parte della Direzione territoriale del lavoro e dell’autorizzazione dell’INPS.
Ed è sempre all’INPS che il lavoratore dovrà rivolgersi per ottenere la certificazione di possesso di tutti requisiti richiesti, o recandosi fisicamente ad un patronato o per via telematica.
Dal contratto part-time agevolato rischiano però di essere escluse le donne, sostiene sempre la Uil, “per effetto del diverso requisito anagrafico previsto in questi anni e dell’equiparazione nel 2018 dell’età tra maschi e femmine”.
Laurea magistrale in Storia contemporanea presso L'Università degli studi Roma tre. Master di primo livello I mestieri dell’Editoria, istituito da “Laboratorio Gutenberg” di Roma con il patrocinio del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale presso “Università Sapienza di Roma”. Dopo la laurea ho svolto uno stage presso Radio Vaticana, dove ho potuto sperimentare gli infiniti linguaggi della comunicazione.
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