Il titolo è eloquente: “Non per cassa, ma per equità”. Questo l’ombrello sotto il quale l’Inps ha deciso di riassumere le sue proposte di riforma del sistema previdenziale italiano. La serie di proposte normative hanno come comune denominatore quello di “intervenire ai confini fra assistenza e previdenza per permettere che l’invecchiamento della popolazione italiana sia non solo finanziariamente, ma anche socialmente sostenibile”.
E partendo da questo assunto, l’Inps punta, innanzitutto, a contrastare “l’aumento della povertà” e “il livello insostenibile della disoccupazione giovanile”. Poi, a “sfruttare la libertà di scelta concessa dal sistema pensionistico introdotto in Italia a metà degli anni ’90 nel decidere la data di pensionamento senza gravare sulle generazioni future”.
L’Istituto guidato da Tito Boeri sottolinea che si tratta di “proposte formulate non per esigenze di cassa di breve periodo” ma “per ragioni di equità intra e intergenerazionale”, anzi: l’ambizione è quella di “essere i correttivi definitivi da apportare al sistema, che dovrà d’ora in poi adattarsi automaticamente all’andamento dell’economia e ai cambiamenti indotti dalla demografia” interrompendo “la pratica delle misure parziali che rinviano al futuro nuovi interventi alimentando l’incertezza sull’evoluzione della normativa tra contribuenti e pensionati”.
Era stato chiaro, Boeri, nel chiedere a Renzi una riforma del sistema previdenziale italiano che fosse definitiva. Evidentemente, la mancanza di presenza della flessibilità nella legge di stabilità, ma anche gli interventi ritenuti non sufficienti a tutela degli esodati, devono aver spinto l’Istituto a mettere a regime una proposta organica e strutturata proprio per mettere la parola fine ai continui interventi correttivi reiterati sul settore previdenziale.
Sostanzialmente, si prevedrebbe l’istituzione del sostegno di inclusione attiva per gli ultra 55enni; il riordino delle prestazioni assistenziali per gli ultra 65enni; la modifica del regime delle prestazioni assistenziali alle pensioni in
regime internazionale; l’aggiustamento attuariale dei trattamenti pensionistici elevati e il ricalcolo dei vitalizi; l’uscita flessibile; l’unificazione gratuita delle pensioni maturate in regimi diversi; nuove opportunità di versare contributi per il lavoratore e il suo datore di lavoro; l’armonizzazione delle regole dei dirigenti sindacali con quelle degli altri lavoratori nel pubblico impiego.
Non solo. Tra le diverse proposte, l’Istituto guidato da Boeri rilancia sul reddito minimo di 500 euro, finanziabile, stando alle valutazioni fatte dagli esperti, con prelievi sui pensionati d’oro, circa 250 mila persone, e il blocco dei sostegni assistenziali per le famiglie più ricche, circa 500mila.
Tra le ipotesi, la flessibilità per i lavoratori, che hanno iniziato dopo il compimento dei 18 anni, con lunghe anzianità contributive, che si vedrebbero applicare una riduzione di queste prestazioni che può arrivare fino al 10%. Una platea di circa 30mila persone l’anno in via di riduzione.
“Da notare – conclude l’Inps – che alcune delle coperture per l’uscita flessibile potranno essere mitigate nel caso in cui si decidesse di ampliare il disavanzo iniziale, tenendo conto che questo sarà compensato da minori disavanzi futuri”.
Non si è fatta attendere la replica del premier Matteo Renzi che non solo difende la legge di stabilità, che è “la prima ‘finanziaria’ che riduce il rapporto del debito con il prodotto interno lordo”. “Non abbiamo fatto la spending review? – prosegue – Spending e’ un nome figo per dire tagli. Dove? Noi paghiamo ogni anno 250 miliardi di euro di pensioni. Tagliamo li’? Io penso sia un errore”.
“Alcuni correttivi proposti dall’Inps di Tito Boeri- aggiunge ancora Renzi – avevano un valore di equità: si sarebbe chiesto un contributo a chi ha avuto più di quanto versato. Non mi è sembrato il momento: dobbiamo dare fiducia agli italiani. Se metti le mani sulle pensioni di gente che prende 2.000 euro al mese, non è una manovra che dà serenità e fiducia”. E per quanto possa essere “giusto a livello teorico” Renzi ribadisce che la ratio della legge resta “la
fiducia, la fiducia, la fiducia. E, dunque, non si tagliano le pensioni”.
Parla di “legittima ipotesi tecnica” il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, ma “spetta ai decisori valutare unitamente ad altre esercitazioni”. Vi Per Sacconi c’è un “presupposto non condivisibile”, in quanto “non può ritenersi equa l’applicazione a generazioni già adulte di un nuovo calcolo per definizione penalizzante perché esse non erano attente all’accumulo di contributi in quanto non rilevanti nel regime del loro tempo, fondato sul reddito degli ultimi anni di vita lavorativa. Gli statali fino al 1 gennaio 1996 non avevano neppure l’attribuzione teorica dei contributi”.
Per Paolo Ferrero, Prc, invece, dall’Inps arrivano solo “specchietti per le allodole”. Critica anche M5S che, giudica “non soddisfacente” il sostegno di inclusione attiva solo per gli over 55 non soddisfa in alcun modo il Movimento 5 stelle”. “Quello che propone Boeri – ha dichiarato la senatrice Nunzia Catalfo – è una misura frammentaria e parziale, un palliativo per tutelare soltanto una delle tante categorie sociali che, per colpa della crisi, sono sempre più povere”.
“Il nostro Paese ha bisogno di una misura di protezione sociale strutturale e compatta che compensi le eventuali insufficienze del nostro sistema del Welfare” e per andare oltre queste diventerebbe necessario “approvare velocemente, già da questa legge di stabilità, il Reddito di cittadinanza del M5S, chiesto anche dall’Europa”.
Ci sono invece elementi interessanti, tra le proposte di Boeri, ma al momento il contenuto “dal punto di vista della sua sostenibilità sociale e, dall’altra parte, della sua sostenibilità economica, che non è, dal nostro punto di vista, compatibile e coerente con le scelte che stiamo facendo in questo momento”. A dichiararlo il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che ribadisce anche che ”il tema della flessibilità in uscita è all’ordine del giorno, come abbiamo un tema di lotta alla povertà che non riguarda solo le persone che hanno più di 55 anni ma tutto il nostro Paese”. “Pensiamo – ha concluso il ministro – che queste idee siano idee utili, interessanti, ma che devono stare dentro un disegno che il governo si appresta a realizzare”.
Insomma: per quanto valido, l’iniziativa resta comunque politica. Un confronto, quello tra Renzi e Boeri, che dai toni sommessi dei mesi passati rischia oggi di diventare decisamente più acceso. Salvo, probabilmente, che arrivino quegli interventi risolutivi che l’Inps attende.
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