«E’ necessaria maggiore considerazione per la qualità, per non arrestare il declino della tv pubblica». E’ nel giorno della relazione annuale al Parlamento presentata alla Camera che Calabrò, presidente dell’Athority per le comunicazioni, lancia il suo appello. Un appello che arriva all’indomani di polemiche e addi forzati, proprio come quello di Michele Santoro che, a sorpresa, non pensa proprio, invece, a “passare la mano”. Anzi: «Sono pronto a fare il direttore generale» annuncia.
Il tutto avviene presentando la serata «Signori, entra il lavoro – tutti in piedi!» che venerdì celebrerà a Bologna i 110 anni della Fiom. «Sto pensando – dice senza mezzi termini – che voglio candidarmi. Una candidatura con tutti i crismi, col mio curriculum. Visto che sento che Bersani ed altri cominciano a pensare che vanno trovati amministratori competenti, credo che troverò il modo di avanzare la mia candidatura». «Quando sono costretto a sentire alla radio, ospite di “Un giorno da pecora”, l’ex direttore generale Masi dire che avrebbe voluto affrontarmi faccia a faccia, lui che quando ci è accaduto di dialogare in diretta non ha saputo mettere quattro parole in fila. Forse pensava di utilizzare le sue competenze di ex parà…. Ma quello che mi chiedo è come sia potuto diventare direttore generale uno che non sapeva distinguere tra un televisore e un aspirapolvere…. Allora mi candido io» continua. Una cosa è certa: per la Rai occorre una riforma. Una riforma – come sottolinea però Calabrò – scomoda che non piace ai partiti che albergano nell’azienda e non piace ai concorrenti che mal vedono una Rai più competitiva». Eppure, spiega ancora il presidente dell’Authority, «il sistema televisivo italiano cresce del 4,5% in termini di risorse». L’appunto non è da poco perché – aggiunge- «se Mediaset rappresenta il 30,9% delle risorse complessive, Sky il 29,3%, la Rai il 28,5%». Il che, tradotto in soldoni, significa che se Mediaset cresce nei ricavi dell’8,1% e nel 2010 è a quota 2.770,60 milioni di euro, Sky registra un +1,8% e raggiunge i 2.630,76 milioni, ma la Rai ottiene un +2,5% e raccoglie comunque 2.553,84 milioni. Segue, a netta distanza, Telecom Italia (La7) con una fetta dell’1,8%. Non basta, perché, a questo punto, fa notare Calabrò diventa «intollerabile il livello di evasione del canone. Con il canone non riscosso la Rai sarebbe il primo operatore». E non sono mancate neppure riflessioni sulla Rete e sulla banda larga. Si scopre così che gli italiani sono tra i più alti consumatori di social network. Si clicca di più su Facebook che in due anni ha raddoppiato i propri utenti passando da 11 a 20 milioni di navigatori ma è aumentato anche il tempo medio per utente (quasi 9 ore e mezza) che non ha eguali al mondo tra gli altri siti. «L’Italia – commenta ancora Calabrò – è la prima nazione al mondo insieme al Brasile per penetrazione dei “social media” (86% secondo i dati Nielsen), seguita poi dalla Spagna con il 79%». Però «nonostante le nuove tecnologie spostino l’attenzione sulla rete, la tv resta il veicolo di gran lunga prevalente per informarsi su fatti». A usare la tv è infatti l’89,1%. Ma l’Italia è anche un Paese a due velocità e proprio nella rete: da un lato il primato nell’uso delle reti mobili via telefonino o chiavetta e dall’altro quello di una scarsa penetrazione delle abitazioni connesse in banda larga sia mobile che fissa. La percentuale di case connesse è inferiore al 50%. Insomma, anche su questo punto, restiamo un Paese di serie B.
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