Ratko Mladic, il “Boia di Srebrenica” catturato giovedì scorso in Serbia dopo 16 anni di latitanza, è stato estradato al Tribunale penale internazionale dell’Aja (Tpi), dove verrà processato per genocidio e crimini contro l’umanità. Un aereo serbo con a bordo l’ex capo militare dei serbi di Bosnia è atterrato a Rotterdam, dove Mladic è stato preso in consegna da rappresentanti del Tpi incaricati di condurlo al penitenziario del tribunale.
Il processo a Mladic (69 anni), ritenuto responsabile principale dell’assedio di Sarajevo e del massacro di 8 mila musulmani a Srebrenica nel luglio 1995, si terrà in parallelo o, come propongono alcuni, verrà unificato con quello già in corso all’Aja a carico di Radovan Karadzic, l’ex leader politico dei serbo-bosniaci arrestato nel luglio 2008 a Belgrado dopo 13 anni di fuga. La battaglia legale ingaggiata dall’avvocato di Mladic, Milos Saljic, e dai suoi familiari, la moglie Bosiljka e il figlio Darko – che sin dalle prime ore dopo la cattura hanno tentato in tutti i modi di ritardare l’estradizione facendo leva sulle precarie condizioni di salute dell’ex generale – non ha avuto l’esito sperato. I giudici hanno respinto il ricorso contro l’estradizione, aprendo praticamente le porte del Tribunale dell’Aja per Ratko Mladic. Ratko Mladic, tra imponenti misure di sicurezza e in compagnia dei medici, era stato condotto con un corteo di otto auto e jeep blindate al cimitero Topcider di Belgrado, dove ha visitato la tomba della figlia Ana, morta suicida nel 1994 all’età di 23 anni. Un desiderio questo che l’ex generale aveva espresso da subito, poco dopo la sua cattura in casa di un suo cugino a Lazarevo, villaggio della Voivodina nel nordest della Serbia. In mattinata il suo legale aveva presentato un nuovo certificato medico che parlava di una ‘grave malattia’ della quale sarebbe affetto Mladic, ma poco dopo è arrivato come un macigno a sbarrare ogni via di fuga il no dei giudici al ricorso contro l’estradizione. Il provvedimento è stato firmato dal ministro della giustizia Snezana Malovic, ultima istanza prevista dalla legge, che in una conferenza conferenza stampa ha annunciato che ormai Mladic era su un aereo in volo per l’Aja. Il suo trasferimento all’aeroporto Nikola Tesla di Belgrado é avvenuto fra imponenti misure di sicurezza, con una prima colonna di auto delle forze di polizia che a sirene spiegate e ingannando alcuni (si era pensato che Mladic fosse su una di tali veicoli) ha aperto la strada a un secondo corteo di jeep e fuoristrada, con i quali l’ex generale è stato condotto all’aeroporto. “Ratko Mladic non è più in Serbia. E’ in aereo in volo verso l’Aja”, ha detto il ministro Malovic ai giornalisti. “La Serbia, con la sua estradizione, ha adempiuto al suo obbligo internazionale e morale, e lancia un messaggio di riconciliazione nella regione”, ha aggiunto. Secondo il quotidiano Kurir, Ratko Mladic – che in questi giorni trascorsi in detenzione in una cella del Tribunale speciale di Belgrado è apparso in condizioni di salute molto precarie dal punto di vista sia fisico che psichico – avrebbe chiesto di essere trasferito all’Aja vestito con la sua divisa da generale, a sottolineare evidentemente che non si sente responsabile dei crimini efferati dei quali deve rispondere di fronte ai giudici dell’Aja.
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