Caput Mundi, centro del mondo, cuore della cristianità. Non più in mano ai romani che ne fecero il centro di un impero, grande per estensione ed l’importanza, oggi Roma è una città piena di problemi, complessa, invivibile.
Una città alla quale “bisogna ridare la dignità di capitale“. E’ questo l’impegno che si prefigge Vittorio Sgarbi, candidato sindaco per Roma alle elezioni amministrative 2021 con il suo simbolo “Rinascimento”. In un martedì particolarmente piovoso di questo ottobre che non ci sta regalando le celebri ottobrate romane, ovvero una seconda estate, il critico d’arte, contestatore della mascherina tanto da proibirne l’uso in quel di Sutri dove è sindaco, si dichiara il salvatore di Roma: “Nel 2021 sarà un anno simbolicamente adeguato. Avremo la fine della peste che corrisponde all’epoca Raggi. E la rinascita si chiamerà Sgarbi”.
Alla sindaca grillina non risparmia nulla: è “l’inetta”, colei che non brilla affatto nonostante i ‘Raggi’ nel cognome.: Vittorio Sgarbi, la polemica fatta persona, è stato di straordinaria pacatezza e buonumore. E tra i commenti negativi salva qualcosa di quello che si è visto in questi quattro anni e mezzo di scempio di una città che è stata la prima grande metropoli dell’umanità: sono 4 nomi della moltitudine di assessori – ‘solo’ tre per l’assessorato all’ambiente – che l’hanno abbandonata in questi anni, anche se lei dice che i cambiamenti nella Giunta romana sono stati sempre meno di quelli attuati da De Magistris a Napoli (23).
Paolo Berdini, urbanista, otto mesi di attività nella squadra della sindaca. Massimo Colomban, imprenditore veneto, ex assessore alle Partecipate, ha resistito un anno esatto: l’ottavo ad abbandonare in un anno. Marcello Minenna, dirigente Consob e docente alla Bocconi, assessore al Bilancio anche lui non è andato oltre l’anno di esperienza in Campidoglio. Carla Raineri, magistrato, capo di gabinetto della Raggi, anche lei dopo il primo anno ha detto addio.
Quattro figure di cui i romani si sono dimenticati, ma che Sgarbi è pronto ad accogliere nella sua squadra in vista della sua campagna elettorale da sindaco apprezzando i loro meriti professionali.
Sgarbi si presenta con il movimento, “Rinascimento”, da lui creato quasi tre anni fa ed ora presente in tutta Italia: alle ultime regionali in Val d’Aosta ha totalizzato quasi il 6%, mentre per l’elezione del sindaco di Aosta il suo candidato ha avuto il 25% delle preferenze arrivando al ballottaggio con i Progressisti. “Rinascimento” perchè è il periodo storico più fervido di arte e cultura collocandosi tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna. E Roma oggi più di prima ha bisogno di rinascere. “Noi oggi stiamo vivendo un neo-medioevo culturale e occorre ricominciare a credere e investire nella bellezza”, sottolinea chi di arte se ne intende e tra i sindaci che hanno fanno grande la Capitale cita i due più importanti: Ernesto Nathan che, agli inizi del ‘900, operò una grande rivoluzione soprattutto con una sistematica e innovativa visione urbanistica della capitale, allora in pieno sviluppo, ricca di contraddizioni e di analfabeti, con diffuse povertà, in forte espansione e quindi oggetto di speculazioni edilizie nei servizi. Giulio Carlo Argan, grande intellettuale e studioso alla testa di una città, dal 1976 al 1979, che era stata devastata dalla speculazione edilizia, che ebbe l’ambizione di rialzare il livello culturale della Capitale è l’altro sindaco
Vittorio Sgarbi si muove sulle orme di Argan, raccoglie l’eredità di uno storico dell’arte, proprio come lui. “Il mio progetto è far diventare Roma come Parigi, dove si va per il Louvre. Non si può pensare che il progetto di un sindaco senza luce, benché si chiami Raggi sia stato quello di fare uno stadio, che vabbè è uno stadio, ma per tre grattacieli. Quando Roma è l’unica città italiana con una skyline orizzontale, non verticale”, dice nel suo lungo discorso in piazza della Maddalena davanti ad un ristorantino al civico 52 che lo avrebbe ospitato al suo interno se la folla intervenuta alla conferenza stampa non fosse stata così numerosa. “La Raggi aveva deciso di portare con i grattacieli dello stadio il modello fast food a Roma – aggiunge– capitale del mondo per la cultura, è chiaro che siamo partiti dagli abissi, dalle cantine, per giustificare gli investimenti di un americano” (il magnate texano James Pallotta).
Ma la sua sarà una corsa in solitaria allo scranno più alto dell’Aula Giulio Cesare? Il deputato e critico d’arte precisa che non ha “nessuna ambizione di diventare sindaco”, di essere però “quello che sicuramente ha più titoli a farlo”. Ricorda allora la sua esperienza di primo cittadino di San Severinonelle Marche, di Salemi in Sicilia e attualmente di Sutri, nel Viterbese: comuni di cui ha “risollevato le sorti”, lavorandopure gratis. Stesso impegno che intende conservare per Roma.
“Se FdI e Lega e Forza Italia non trovano qualcuno migliore restano due possibilità: convergano su di me o si facciano le primarie” del centrodestra.
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