Non si è fatto in tempo a spendere gli ultimi elogi per Napoli e Juventus che già il primo turno infrasettimanale della stagione interviene a mischiare nuovamente le carte. Il Napoli ci mette molto del suo, pensando di poter amministrare la partita per poi, eventualmente, chiuderla con l’ingresso dei suoi due tenori ( Cavani e Hamsik, Lavezzi, acciaccato, è rimasto nel Golfo), e schierando ben sei riserve. Ignorando, però, che, anche in un calcio disastrato come quello italiano attuale, certi vantaggi non si possono concedere a nessuno.
Meno che mai a un’organizzatissimo Chievo che si conferma autentica bestia nera dei partenopei ( già l’anno scorso, unica squadra, al pari del solo Milan campione, a sottrarre sei punti sui sei disponibili a Mazzarri e ai suoi). Errori di presunzione o molto più probabilmente, dovuti all’eccessivo timore dei tanti impegni ravvicinati che, però, non vanno ripetuti. Il Napoli poteva trovarsi da solo in vetta e alimentare ulteriormente l’entusiasmo dell’ambiente cui far appello in eventuali, successivi momenti di difficoltà. Un’occasione d’oro sprecata che, alla lunga, potrebbe generare rimpianti. Il doppio impegno con la Champions può costituire un problema. Ma non può essere un problema preventivo. Occasione persa anche per la Juve che si fa bloccare su un 1-1 casalingo da un attento, ma pur sempre modesto, Bologna. Anche qui, molti i mea culpa. Dall’espulsione assurda rimediata da Vucinic che vanificava, così, la prodezza ( e l’astuzia, in coabitazione con Pirlo) dell’1-0, agli sbandamenti difensivi che sono costati il pareggio di Portauova e gli unici brividi di una serata, altrimenti segnata da un’altra prestazione di valore assoluto di Andrea Pirlo, allo stato il miglior giocatore italiano, con Di Natale e Miccoli. Tre over 30. Non una notizia da sballo per il nostro calcio. Totò Di Natale impone l’ennesimo stop ai campioni d’Italia, facendo anche temere la disfatta casalinga ai rossoneri, poi bravi a reagire e recuperare, ma in evidente affanno nel quarto d’ora finale con un’indomita Udinese che pareggia il conto dei legni e sfiora nuovamente la rete del vantaggio. In questo difficile avvio di stagione ( peggior partenza da 14 anni a questa parte), sulla testa del Diavolo si abbatte l’ennesima tegola: uno stiramento toglie di mezzo Pato dopo 20 minuti. In bocca al lupo. La nota lieta: la rete del pareggio porta la firma del giovane ( 18 anni) esordiente, El Shaarawy. Grandissima stagione a Padova. Ne risentiremo parlare. Capitolo Lazio. I biancocelesti venivano da un inizio settimana burrascoso, a dir poco. Le presunte (?) dimissioni, poi rientrate, di mister Reja, le polemiche sulla stampa, i mugugni della tifoseria, un esordio casalingo pessimo contro il Genoa da dimenticare al più presto. E a Cesena, dopo un quarto d’ora, il redivivo Mutu, ottimamente imbeccato da Colucci, tenuto colpevolmente in gioco a Stankevcius ( nuovo inquilino della fascia destra di difesa, con Konko dirottato sulla corsia opposta), uccellava Marchetti. Fosche nubi si cominciavano ad addensare sulle teste dei laziali. Poteva essere l’inizio di una sbracata. Non è stato così. La reazione c’è stata. Per carità, nulla di epocale sotto il profilo della qualità della manovra. Ma il carattere e la ritrovata unità del gruppo si sono visti, eccome. E non solo per il bel quadretto finale offerto dai giocatori, festanti, che abbracciavano Reja a fine gara. Dopo alcune prodezze del portiere locale, Ravaglia, che diceva no a Klose e, due volte a Cisse, la partita prendeva la sua direzione definitiva nei primi nove minuti della ripresa quando, prima Diakitè ( molto incerto in avvio) si conquistava un netto rigore, dopo aver tentato di staccare in area cesenate, trasformato da Hernanes ( e speriamo che la prima rete in campionato riesca a sbloccare il brasiliano, autore di un inizio di stagione anonimo e segnalatosi nella trasferta romagnola solo per il rigore una successiva conclusione sballata da buona posizione), poi Klose completava la rimonta, piazzando un pregevole esterno di destro alle spalle di Ravaglia, dopo esser sgusciato in area con un magnifico stop a seguire, denotando qualità tecniche e un’agilità insolite per un uomo della sua stazza. Seguiva una pallida reazione dei padroni di casa che, però, non riuscivano mai a creare autentici pericoli per Marchetti. Ma un bravo particolare, stavolta, va soprattutto, al protagonista assoluto di queste “torride” giornate: mister Reja. Bravo a rivedere il modulo. Poter disporre di due campioni come Klose e Cisse lì davanti è privilegio di pochi. Tenerli distanti tra loro, in un 4-2-3-1, un peccato. Il tecnico goriziano l’ha capito. Ed è passato ad un più proficuo 4-3-1-2. I frutti si sono visti. E, nota a margine, per la prima volta nella stagione, è stata la Lazio a risalire la china e non l’avversario di turno a rimontarla. Un incoraggiante segnale d’inversione di rotta? Staremo a vedere. Per ora, consola la considerazione che questa squadra, se pungolata e costretta spalle al muro, riesce a trovare in sé le risorse per reagire. Sarebbe opportuno che riuscisse a farlo anche senza dover ricorrere a simili “propellenti”. A lungo andare, si rischiano cocenti scottature. Un’ultima considerazione per l’Atalanta: in sole tre gare ha già annullato il -6 di partenza dovuto alla penalizzazione inflitta per i fatti del calcioscommesse2. Senza quella penalità, sarebbe ora nel gruppetto ( Juve, Udinese e Genoa) di testa a quota sette. Deve, invece, accontentarsi di essere a braccetto con l’Inter. A quota uno.Daniele Puppo
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