Per la Camera la tortura è reato. Lo ha deciso oggi con 224 sì, 14 no e 50 astenuti, e ora la legge aspetta solo l’approvazione del Senato.
L’Italia risponde così alla sentenza della Corte europea che, dopo aver classificato come “atti di tortura” le violenze avvenute durante il G8 di Genova nella scuola Diaz, accusava, con ragione, lo Stato italiano di non contemplare nel proprio ordinamento il reato di tortura.
Una mancanza ingiustificata, se si pensa che l’Italia fu uno dei firmatari della Convenzione Onu contro la Tortura nel 1984 e che, nel già nel 1989 fu presentata, da un senatore del Pci, una proposta di legge riguardante l’inserimento del reato di tortura nel codice penale italiano.
“La vicenda Diaz non pregiudichi il traguardo del paese”, ha affermato il ministro della Giustizia Andrea Orlando, nell’appello finale alla Camera.
Ma il Movimento Cinque Stelle sottolinea come l’attuale formulazione renda il ddl approvato oggi una “legge inutile”: perché ci sia tortura infatti, la vittima dovrà risultare affidata alla custodia del “presunto colpevole” e questo, secondo i Grillini, sarebbe solo una delle tante limitazioni che renderebbero il testo inefficace.
Contraria al ddl, ma per motivi diversi, anche la Lega: «Il reato di tortura, unito alla depenalizzazione di reati come la resistenza a pubblico ufficiale e il sabotaggio, rappresenta un grave attentato alle forze dell’ordine» commenta il deputato Nicola Molteni.
Mentre per Matteo Salvini, la legge così com’è è «l’ennesimo regalo ai ladri e l’ennesimo attacco alle guardie»
Ecco i contenuti principali del ddl approvato oggi.
Nel testo troviamo inanzittutto la definizione di cosa vada inteso per “tortura”, che richiama gli atti della Convenzione firmata a New York negli anni 80‘: sarà infatti perseguibile chi «con violenza o minaccia ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione o assistenza, intenzionalmente cagiona a una persona a lui affidata, o comunque sottoposta a sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche». Il colpevole sarà portato davanti al tribunale sia nel caso avesse compiuto quelle violenze per «ottenere informazioni», sia perché guidato da intenti discriminatori di tipo religioso, etnico, politico o sessuale.
La pena prevede una reclusione da 4 a 10 anni, ma non nel caso in cui l’aguzzino fosse un pubblico ufficiale: per lui, la pena andrebbe da un minimo di 5 anni a un massimo di 15 anni di reclusione.
Non solo. Nel testo approvato oggi, viene introdotto anche il reato di istigazione alla tortura di pubblico ufficiale nei confronti di un altro pubblico ufficiale. Per l’istigatore sono previsti da 1 a 6 anni di reclusione.
Espulsioni, immunità diplomatiche, estradizioni. Il ddl vieta l’espulsione verso uno Stato nel quale il respinto possa subire torture. D’altra parte, a chi è condannato o risulta indagato per tortura nel suo Paese di origine sospende l’immunità diplomatica e ne prevede l’estradizione nel Paese richiedente.
Priscilla Muro
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