Scissione. La parola che nella storia ha sempre evocato guerra senza quartiere, in politica, è un termine che i partiti tendono sempre ad esorcizzare. Ora questo esercizio è diventato una prerogativa di Silvio Berlusconi, il leader maximo della compagine di centrodestra che da sabato pomeriggio, da quando cioè i suoi fedelissimi ultras hanno deciso di mandare a casa Enrico Letta e le larghe intese che lo sostenavano, ha chiesto ai ministri in forza al Pdl di dimettersi in blocco aprendo formalmente la crisi di governo. Con una decisione di cui si è assunto la piena resposabilità, Berlusconi sapeva di scavare due voragini, una con il governo e l’altra con le colombre del proprio partito che da tempo antepongono gli interessi dell’esecutivo e di conseguenza del Paese a quelli del partito. Ora dopo una verifica alla asssemblea dei deputati e senatori del pdl dove i moderati, Cicchitto in testa, chiedevano un dibattito sul da farsi, Berlusconi ha deciso di tirare dritto sullo strappo, sconfessando sia il segretario Alfano che gli stessi ministri, dimissionari non certo per convinzione ma solo per spirito di servizio e solidarietà verso i vertici del Pdl.
La scelta dell’ex premier ha comunque scatenato la resa dei conti che nelle ultime ore si è focalizzata sullo scontro tra Alfano che avrebbe chiesto la testa della Santanchè e quest’utlima ormai guida incontrastata dei falchi, letteralmente scatenata nei confronti di parlamentari e ministri tiepidi nei confronti della crisi di governo. Il mancato chiarimento alla assemblea dei parlamentari del Pdl sta comunque alimentando le voci di una possibile scissione alla quale starebbero lavorando alcuni esponenti dell’ala moderata del partito come Quagliariello e la stessa Lorenzin. Alfano per il momento preferisce lavorare sul fronte del governo aiutato dal ministro per le infrastrutture e i trasporti Maurizio Lupi che si dichiara “ottimista molto ottimista” rispetto alla sorte dell’esecutivo proprio nel momento in cui fonti attendibili gli attribuiscono un gran lavoro per la creazione di una nuova maggioranza al Senato che potrebbe consentire a Letta di andare avanti almeno fino alla prossima primavera. Adesso Berlusconi è condannato ad aspettare le prossime mosse di quelli che ormai deve considerare non più semplici peones, ma Giovanardi parla di oltre 40 scissionisti pronti a votare Letta, bensì aghi di un delicato equilibrio politico che ci accompagnerà fino alla sbocco naturale di questa crisi: le elezioni politiche da tenersi all’inizio del prossimo anno.
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