Si avvicina la scadenza del 16 giugno, data in cui dovranno essere versati gli acconti Imu e Tasi per 63 milioni di immobili, terreni esclusi.
Ancora una volta il rischio di avventurarsi in un ginepraio di conti è alto.
Per questa prima tranche di pagamento, valgono le regole del 2014: quindi dovrà essere versata ai comuni la metà di quanto corrisposto lo scorso anno, salvo ovviamente modifiche nel patrimonio immobiliare o cambi di destinazione d’uso.
Il conguaglio, che arriverà alla fine di ottobre, invece sarà calcolato con la modifica delle aliquote che verranno decise dai comuni, attualmente già modificate in 1200 città stando agli studi condotti da Confedilizia.
Va ricordato che l’Imu non è dovuta sulla prima casa, a meno che non si tratti di una abitazione principale di lusso, mentre la Tasi deve essere versata a prescindere da tutti in quanto tassa sui servizi indivisibili.
Rimane dunque l’incognita della seconda parte di pagamenti per la tassa sulla casa, considerato che le delibere comunali che praticamente modificano le aliquote non sono state ancora tutte decise e, soprattutto, introducono una variazione a discrezione dell’ente locale.
A questa possibile stangata, possibile perché è nelle facoltà dei comuni alzare le aliquote ai massimi consentiti dalla legge nazionale, si aggiunge il rischio di un incremento della tassazione nazionale.
Il governo Renzi ha più volte ribadito l’intenzione di non modificare la pressione fiscale, anzi, di tentare di allentare la stretta, tuttavia gli indicatori – e lo stesso Def approvato poche settimane fa – fotografano una pressione fiscale stabile a circa il 53%. In realtà questa è destinata a salire, basti semplicemente pensare all’incremento previsto per l’Iva, che passerà al 25%. Non solo. La decisione della consulta di sospendere la riforma Fornero ha creato uno sbilanciamento nei conti dello Stato che attualmente Renzi ha gestito con il bonus Poletti. È probabile, comunque, che la partita pensioni non sia finita qui, quindi i possibili contraccolpi si potrebbero avere proprio sulle imposte, dirette e indirette, che i cittadini dovranno alla pubblica amministrazione.
Pochi giorni fa il presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, ha ricordato che “tra il 2005 e il 2015 l’Italia, tra tutti i paesi europei, ha subito il maggiore aumento della pressione fiscale: il risultato è che oggi paghiamo 29 miliardi di tasse in più rispetto alla media Ue, pari ad un maggior costo di 476 euro pro capite”. In questo conto, pesantissimo e che affossa sicuramente il sistema economico del Paese, va sottolineato come la tassazione immobiliare è passata da 10 miliardi circa prodotti dal gettito Ici del 2011, ai quasi 25 miliardi della combinazione Imu e Tasi nel 2014. Un incremento di circa il 153%.
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