Si è spenta a 96 anni l’ultima grande diva italiana. Valentina Cortese, attrice dalle molte vite artistiche, esordisce non ancora ventenne nel cinema italiano, facendosi poi notare nel ruolo di Lisabetta ne La cena delle beffe con la regia di Alessandro Blasetti. Per la sua intrepretazione ne I miserabili di Hugo accanto a Gino Cervi acquisisce presto lo statuto di diva e viene arruolata dalla casa di produzione 20th Century Fox. Trasferitasi ad Hollywood affianca alcuni tra i più grandi attori americani dell’epoca da James Stewart a Spencer Tracy in Malesia, ad Ava Gardner e Humphrey Bogart ne La contessa scalza del 1954.
Nel frattempo lavora sia Italia che in Spagna e Francia. Michelangelo Antonioni, la vuole in Le amiche, interpretazione per la quale vincerà il Nastro d’Argento; Poi è la volta di Federico Fellini che la chiama per Giulietta degli Spiriti; con Franco Zeffirelli invece nasce un sodalizio lungo più di vent’anni che la vede interprete in Fratello Sole e Sorella Luna, Gesù di Nazareth, nel ruolo di Erodiade, e in Storia di una Capinera.
Negli anni ’50 si ritira parzialmente dalle scene per prendersi cura del figlio Jackie avuto dal marito Richard Basehart, attore statunitense con cui i rapporti non idlliaci portano al divorzio alla fine di quel decennio. E’ di questi anni la proposta di Charlie Chaplin di affiancarlo in Luci della ribalta, ma la gravidanza non le permette di cogliere questa ennesima grande occasione.
Torna al grande cinema con Effetto Notte di François Truffaut, il grande maestro della nouvelle vougue francese. Con la sua interpetazione del personaggio di Séverine sfiora nel 1975 l’Oscar come migliore attrice non protagonista. La statuetta va quell’anno all’amica Ingrid Bergman che nel discorso di ringraziamento le chiede scusa per averglielo sottratto.
Gli amori della sua vita sono appassionati ed immensi come le sue interpretazioni. Appena diciassettenne fugge a Roma con il direttore d’orchestra Victor De Sabata, di trentun anni più vecchio e ancora sposato. E poi Giorgio Strehler, con il quale condivide, per quindici intensi anni, vita affettiva e artistica. Da questo incontro prendono vita personaggi indimenticabili nelle produzioni del Piccolo Teatro. Come non ricordare infatti la sua intensa Ilse dei Giganti della Montagna di Pirandello, la Santa Giovanna di Brecht ed infine l’aristocratica e fragile Ljuba del Giardino dei Ciliegi di Checov.
Figlia della colpa, la Cortese ha sempre rivendicato con orgoglio l’infanzia passata in una famiglia contadina, tra covoni di fieno e stalle, finché i nonni materni la inserirono nella Torino bene. Omaggio alle sue radici l’irrinunciabile foulard di seta sulla testa, che, come spiegava, “cita il fazzoletto che tenevano le campagnole lavorando per proteggersi dal sole, è una carezza che mi accompagna”. Nel 2002 pubblica la propria autobiografia in cui si racconta con generosità di particolari: è da piccola che la passione per la recitazione la conquista, e nessuno ha potuto opporsi. Dalla miseria agli sfarzi di Hollywood, fino a ritirarsi nella sua bellissima casa di Milano, circondata da piante senza le quali dichiarava “di non saper vivere”, la Cortese si è sempre mossa con eleganza ed intelligenza, e facendosi scudo con ironia e dignità ha conservato intatta sino all’ultimo la sua grandezza da diva. Non è solo l’Italia oggi ad aver perso una delle sue più grandi attrici. Come scrivevano i giornali Inglesi negli anni ’50: “First Garbo, then Bergman, now Cortese”.
Elisa Rocca
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