Il divano uccide quanto il fumo. Le malattie della vita sedentaria, legate a 5 milioni di decessi l’anno, sono la quarta causa di mortalità e disabilità nel mondo occidentale. A dare l’allarme sono i 35 mila specialisti giunti a Roma da 140 paesi per il congresso annuale dell’ESC, la Società europea di cardiologia, che domani, per la chiusura dei lavori, riceveranno la visita di papa Francesco.
Come stanno gli italiani? Non troppo bene, a giudicare dai dati. Senza dubbio viviamo più a lungo: i centenari, che ancora nel 2002 erano poco più di seimila, oggi sono più di 16 mila. Ma la nostra salute è ostaggio di due pessime abitudini: il fumo e, appunto, la poca attività fisica.
Secondo i dati 2011-2014 del sistema di sorveglianza “Passi”, solo un terzo degli italiani svolge uno stile di vita “realmente attivo”: il 35,8% dei nostri connazionali pratica qualche attività fisica ma non raggiunge i livelli raccomandati, mentre il 31% è completamente sedentario. Gli italiani “dicono sì allo sport”, sintetizza Michele Gulizia, direttore di Cardiologia all’ospedale Garibaldi di Catania, ma “solo se è da guardare in tv”.
Per affrontare l’epidemia di pigrizia, i cardiologi riuniti a Roma hanno presentato uno strumento salvavita. Si chiama PAI, sigla di Personal Activity Index, ed è un algoritmo che permette di calcolare il rischio di ammalarsi in base all’attività fisica svolta giorno per giorno. Secondo le prime valutazioni, svolte su un campione di 39 mila individui “attivi”, chi fa registrare un livello PAI maggiore di 100 riduce del 23% il rischio di morire di malattie cardiovascolari. La riduzione del rischio complessivo di mortalità – comprese le altre cause – è del 13% fra gli uomini e del 17% fra le donne. I suoi sostenitori sperano di poterlo usare per motivare gli indecisi, magari integrandolo in un dispositivo portatile capace di misurare l’attività svolta da chi lo porta.
A Roma si è parlato anche di colesterolo, un altro killer silenzioso dell’età contemporanea. I medici hanno proposto nuove linee guida sul tasso di ldl nel sangue (il colesterolo a bassa densità, quello più pericoloso per il nostro sistema circolatorio). Come spiega Francesco Romeo, presidente della Società italiana di cardiologia, “le nuove linee guida sanciscono che avere un target di colesterolo entro 70-100 è fondamentale, non ci sono più controversie su questo punto”. E questo “vale per tutti”, prosegue Romeo: “anche per quei soggetti che hanno valori di norma molto alti”. Finora il livello di colesterolemia raccomandato variava da paziente a paziente, in base alla storia familiare e allo stato di salute personale, anche se per tutti non doveva superare quota 190.
I cardiologi hanno affrontato anche il tabacco, considerato la prima causa di morte eliminabile al mondo: in tutto il pianeta fuma più di un miliardo di persone.
Secondo lo studio Interheart – riporta Leonardo Bolognese, direttore di Cardiologia all’ospedale di Arezzo – le sigarette sono responsabili del 35,7% del rischio d’infarto in pazienti che non hanno già avuto problemi cardiocircolatori. Solo nel 2011, il tabacco ha ucciso sei milioni di persone, una su dieci solo per esposizione al fumo passivo. Se si riesce a smettere, com’è noto, il fattore di rischio si abbatte rapidamente. Eppure “oltre la metà dei fumatori dimessi dopo sindrome coronarica acuta riprende a fumare”, nota Gulizia, “e gran parte lo fa già nelle prime tre settimane dopo la dimissione”. Nell’anno successivo, chi riprende a fumare rischia tre volte più di chi smette; rischio che si moltiplica per cinque se si riprende entro i primi dieci giorni.
Non bisogna pensare che la sigaretta elettronica sia meno pericolosa per le arterie rispetto a quelle tradizionali. Sono le prime conclusioni di uno studio pilota dell’Hippokration General Hospital di Atene. I ricercatori hanno esaminato le reazioni fisiologiche di 24 soggetti senza altri fattori di rischio: la pressione sanguigna si alza ugualmente sia fumando e-cig sia fumando sigarette classiche, mentre l’aumento delle pulsazioni è leggermente inferiore in chi fuma la sigaretta elettronica ogni 30 minuti. Per ottenere conclusioni più forti serviranno campioni più ampi, ma l’équipe di Atene raccomanda di non considerare le e-cig un valido sostituto del tabacco. Usata sotto controllo medico, semmai – argomentano i ricercatori greci –, potrebbe rivelarsi utile come tappa intermedia per liberarsi dalla dipendenza dalla nicotina, la sostanza contenuta nel tabacco che fa più danni alle arterie.
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