“Ah, che bellu ccafè, Sulo a Napule ‘o ssanno fá… e nisciuno se spiega pecché è na vera specialitá…
Se siete delle persone alle soglie della pensione, con buona pace dei tanti giovani che purtroppo il lavoro faticano a trovarlo, e che i figli hanno reso felicemente nonni sicuramente ricordate queste parole cantate nel 1960 dall’indimenticabile Modugno. Il dialetto era quello di Napoli che con questa bevanda, ottenuta dalla macinazione dei semi di alcune specie di piccoli alberi tropicali, vive in simbiosi: nessun napoletano vero può fare a meno di una ‘tazzulella ‘e cafè’ appena sveglio, una a metà mattina e l’altra dopo pranzo.
Anche le varie campagne pubblicitarie hanno contribuito a dare lustro al caffè che nel panorama delle specialità gastronomiche italiane si annovera tra le più conosciute, apprezzate e richieste anche dagli stranieri.
Ma se pensate che il nostro Paese – inventore dei bar: la prima ‘bottega del caffè‘ si inaugura a Venezia nel 1645 – – sia il maggior consumatore di questa bevanda, che secondo un proverbio per essere buona dovrebbe “essere nero come il diavolo, caldo come l’inferno e dolce come un bacio”, vi sbagliate.
L’Italia, con 3,2 milioni di sacchi, equivalente a 186 milioni di kg di caffè verde, è terza in Europa per l’export di caffè torrefatto, mentre, a livello mondiale, è al quarto posto, alle spalle di Germania, Belgio e Stati Uniti. Questi dati sono stati diffusi dal Comitato Italiano Caffè, organismo di coordinamento delle associazioni nazionali di categoria che operano nella filiera italiana del caffè.
Nel 2013, inoltre, l’Italia è terza fra i Paesi maggiori importatori di caffè e figura al decimo posto per consumo pro-capite, 5,56 kg, in calo del’1,24% rispetto al 2012. L’Italia ha un consumo di caffè pari al 7,46% dei consumi apparenti mondiali e al 13,50% di quelli della UE. Anche qui, causa crisi, i consumi interni hanno manifestato un calo dei volumi sia per una flessione (più leggera) dei consumi domestici sia per quella (più pesante) dei consumi extra-domestici. Il calo italiano è una situazione in controtendenza rispetto alla media europea dove i consumi pro capite (4,94 kg) risultano in aumento del 2%.
Quella proposta dal Comitato Italiano Caffè è una panoramica sui punti di forza e problematiche del nostro mercato che è uno dei settori industriali più vivaci del food & beverage, con oltre 700 torrefazioni e 7000 addetti che lavorano nel comparto, per un giro d’affari alla produzione di 3,1 miliardi di euro, di cui circa 1 miliardo di euro destinati all’esportazione. Un mercato maturo, vivace e che cambia velocemente, come sostiene il presidente del Comitato Italiano Caffè, Patrick Hoffer: “Il dato rilevante è che il settore del porzionato continua a crescere, rispetto al macinato moka, sostanzialmente stabile. Nei primi mesi dell’anno, le vendite di caffè porzionato hanno sfiorato una crescita del 6%”.
E già, aumenta la popolazione dei single…. Ma soprattutto diminuisce il tempo da dedicare anche solo al piacere di farsi un bel caffè secondo un rituale tutto italiano: una buona moka, acqua di rubinetto possibilmente povera di calcio, una miscela di qualità da conservare rigorosamente in un recipiente ermeticamente chiuso perché il caffè ha la proprietà di assorbire gli odori, che ne altererebbero l’aroma. Vogliamo mettere tutto questo a confronto con l’inserimento di una cialda preconfezionata nell’apposita macchina che ci restituisce un simil-espresso?
Senza contare poi che i costi della monoporzione sono necessariamente più alti, anche se più contenuti rispetto alla tazzina al bar, di un po’ di caffè in una caffettiera, e che nell’ambito delle modalità da adottare per risparmiare la salute del nostro martoriato pianeta le capsule del caffè al momento hanno ben poco, per non dire nulla, di sostenibile e riciclabile. Ovvero, contribuiscono anch’esse ad inquinare l’ambiente con plastica e alluminio e rischiano di rivelarsi un altro elemento dannoso per la nostra salute.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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