Il 20 maggio è stata la giornata mondiale delle api. Un piccolo insetto di cui non si celebra mai abbastanza il grandissimo valore che ha per la conservazione della biodiversità su questo pianeta. Non tutti infatti sembrano prendere sul serio il ruolo che le api svolgono come impollinatori, favorendo la fecondazione incrociata delle piante.
Si calcola che circa un terzo del cibo che mangiamo sia legato all’azione che api e altri impollinatori svolgono in natura, ed ogni volta che un numero innaturale, sproporzionato, di questi insetti muore, ad essere messa in crisi è la sopravvivenza di tutta una serie di specie vegetali che appartengono alla nostra catena alimentare.
Purtroppo da parecchi anni a questa parte le api muoiono, in Italia e nel resto del mondo, ad un ritmo spaventoso, e sebbene le cause siano molteplici sono tutte riconducibili ad una serie di comportamenti umani irresponsabili.
Anche quest’anno, ci segnala puntualmente Greenpeace, in alcuni territori della pianura padana tra le province di Cremona, Lodi, Mantova e Brescia dove l’agricoltura intensiva a monocultura di mais per il foraggio del bestiame abbonda nell’utilizzo di diserbanti, nel mese di aprile sono scomparsi circa 10 milioni di api. Nelle settimane appena precedenti e in concomitanza con l’esplosione del fenomeno di spopolamento, era in corso la semina del mais, con sementi “conciate”, ovvero trattate con pesticidi.
Oltre alla perdita delle bottinatrici – le api che escono dagli alveari per raccogliere nettare e polline – si è registrata, a seguito della segnalazione degli apicoltori della zona, la nascita di nuove api sottodimensionate, con una aspettativa di vita e di attività assai ridotta.
A colpire le impollinatrici è una serie di fattori concomitanti che non lasciano loro alcuna via di scampo: innanzitutto gli interventi con diserbanti in presemina, quando i campi sono pieni di fiori che le api prediligono, come il tarassaco; questi erbicidi possono inoltre essere trasportati con il vento andando a contaminare fatalmente la vegetazione circostante i campi; secondariamente la semina massiva, concentrata in un breve periodo su larghi appezzamenti con i famigerati semi “conciati”; a ciò si aggiungono gli shock climatici che confondono l’alveare modificandone il comportamento naturale; infine c’è l’eccessiva presenza di monoculture che costringe le api a fare lunghi spostamenti per procurarsi il cibo, esponendole a rischi maggiori.
Negli anni scorsi la Comunità Europea si era già mossa per proibire in tutto il territorio comunitario l’utilizzo di pesticidi neonicotinoidi, i quali disorientano gli insetti impedendo loro di ritornare all’alveare, ma è innegabile che serva un impegno maggiore. Per questa ragione è stata promossa da Pan Europe – un network di ong, istituzioni e individui che lavorano per minimizzare gli effetti negativi dei pesticidi pericolosi e per sostituire il loro uso con alternative ecologicamente sane e socialmente giuste – una raccolta firme per stimolare la comunità europea attraverso un’Ice (iniziativa dei Cittadini Europei) affinché presenti proposte di legge per eliminare gradualmente i pesticidi sintetici entro il 2035, ripristinare la biodiversità e sostenere gli agricoltori nella transizione.
Tempo da perdere non ce n’è più da anni e gli interessi economici rischiano sempre di mettere a repentaglio il poco già ottenuto, anche se fortunatamente la Corte di Giustizia della UE a inizio maggio ha respinto il ricorso di Bayer che si opponeva al bando dei pesticidi neonicotinoidi.
Secondo Greenpeace non è nemmeno più tempo di proclami buonisti, ma di azioni concrete e ne individua il fulcro in una riforma radicale del Piano Strategico Nazionale della Politica Agricola Comune (PAC), nell’utilizzazione assennata dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)– che al momento pare non faccia il minimo accenno al biologico – e nel rinnovamento del Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso “sostenibile” dei prodotti fitosanitari, che è ormai scaduto da tre anni.
Non saranno solo gli impollinatori a guadagnare da una agricoltura meno contaminata, più diversificata e più in armonia con la natura: se ci impegniamo ora la nostra collaborazione millenaria con le api continuerà ad avere come conseguenza una maggiore varietà nella produzione dei cibi da portare sulla nostra tavola ed esiti benefici sulla salute della nostra specie.
Elisa Rocca
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