Buone notizie dallo spazio, anzi ottime, per tutte le donne. Samantha Cristoforetti, la nostra ingegnera aerospaziale sarà la prima donna europea a guidare la Stazione Internazionale.
A precederla nel ruolo di comandante di missione sono stati sinora ben 64 uomini e solo tre donne, tutte Americane, mentre in ambito nazionale a precederla c’è stato solo Luca Parmitano a capo della spedizione numero 60.
Abbiamo imparato a conoscere Samantha dopo la sua prima, lunghissima missione a cavallo tra 2014 e 2015 di 199 giorni nello spazio, che le è valsa, all’epoca, il record europeo e quello femminile di permanenza nello spazio in un singolo volo. La sua grande preparazione, ma anche il suo contagioso entusiasmo e la sua incredibile facilità di comunicazione hanno acceso i sogni e le speranze di una nuova generazione di scienziate della penisola, aiutando ad allargare i confini di ciò che la società italiana ritiene sia permesso fare ad una ragazza. Nel ventunesimo secolo ci aspetteremmo che alle donne non ne venissero più posti dei limiti legati al loro genere, e invece è ancora diffusa la percezione, anche tra i rappresentanti della Repubblica, che sia “naturale che i maschi siano più appassionati a discipline tecniche, tipo ingegneria mineraria per esempio, mentre le femmine abbiano una maggiore propensione per materie legate all’accudimento”, come ha recentemente dichiarato in un post il senatore leghista Simone Pillon, con un tempismo quasi perfetto, rispetto alla nomina della Cristoforetti.
Fortunatamente Samantha è una scienziata di altissimo livello, che lavora in ambito internazionale da moltissimi anni, dunque immaginiamo che la polemica non l’abbia nemmeno sfiorata. Già con i suoi studi, prima all’università tecnica di Monaco, dove ha conseguito la laurea magistrale in ingegneria meccanica, poi all’Università Federico II di Napoli, presso la quale ha conseguito la laurea triennale in Scienze Aeronautiche, ha dimostrato di essere un’eccellenza, a ciò si è aggiunta la carriera in Aeronautica Militare dove ha raggiunto il grado di capitano, dopo aver frequentato l’Accademia di Pozzuoli, qui si è distinta come capocorso per tre anni consecutivi ricevendo così la sciabola d’onore. Ha frequentato nel 2005 e nel 2006 i corsi di specializzazione presso l’Euro-Nato Joint Jet Pilot Training di Wichita Falls in Texas diventando pilota di guerra ed è poi ritornata in Italia per servire nel 51° Stormo di Istrana.
Nel 2009 è stata l’unica donna selezionata tra 8500 candidati dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), entrando a far parte di una classe di 6 tra i quali anche Luca Parmitano. È da allora che lavora esclusivamente per l’Agenzia, essendosi oltretutto congedata, il 31 dicembre del 2019, dall’Aeronautica Militare Italiana.
Un percorso senza dubbio unico, ma che la stessa Cristoforetti auspica venga seguito da altre ragazze e da altri ragazzi, in un video che l’ESA ha diffuso per pubblicizzare l’apertura delle candidature per la nuova generazione di astronauti, la prima dopo quella del 2009, e in cui ricorda che ad essere importanti non sono solo il cv o le ore di volo, ma soprattutto “la formazione come individuo attraverso le esperienze di vita professionale e personale”.
Samantha è sicuramente anche un fulgido esempio di come sia possibile coniugare una carriera esigente con il desiderio di costruire una famiglia, ora che con il suo compagno, l’ingegnere francese Lionel Ferra sta crescendo i suoi due figli, ha deciso comunque di accettare una missione così importante, ad un anno dalla nascita del suo secondogenito. Come c’è riuscita? Lo spiega in un’intervista rilasciata sul canale youtube dell’Esa: “Come tutti gli astronauti, posso dire che riusciamo a fare questo lavoro incredibile perché abbiamo il pieno supporto delle nostre incredibili famiglie. Anche io posso farlo perché so che i miei bambini sono ben accuditi e sono in buone mani. Questo significa che il mio partner e i miei familiari fanno dei sacrifici per permettermi di realizzare il mio sogno e per questo sono incredibilmente grata”. Ma, spiega poi, che è anche come è organizzato il lavoro nell’Agenzia Europea stessa che l’ha messa nelle condizioni di non dover decidere tra ambizione e famiglia, avendo a disposizione, tra una missione e l’altra del tempo di calma in cui potersi dedicare alla vita personale.
Quando pronunciamo la parola “comandante” spesso evochiamo un modello, prevalentemente maschile, di persona autoritaria che impartisce ordini. Samantha ha un’idea diversa del compito che avrà nel 2022 a bordo della ISS: “Sono onorata, sento tutta la responsabilità di questo ruolo di leadership” ma a bordo della stazione internazionale la sua mansione sarà soprattutto quella di “essere un facilitatore”, per coordinare al meglio il lavoro di squadra e fare in modo che “ogni problema possa essere risolto”. E aggiunge: “un buon leader capisce se non è la persona più competente su una determinata questione e sa fare un passo indietro per lasciare spazio a chi è più competente, ma questo non significa abdicare al ruolo di leadership: alla fine resti sempre responsabile, ma sai che in quel momento specifico un’altra persona ne sa più di te”.
Chissà che dopo averla sperimentata nello spazio si riescano a mettere in pratica anche qui sulla terra sia una forma di comando più attenta a facilitare il lavoro d’insieme e la piena espressione del potenziale del gruppo, sia attuare politiche per un sostegno maggiore alle donne che hanno grandi aspirazioni.
Elisa Rocca
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