La crisi adesso fa paura. Fa paura a chi ne subisce i contraccolpi più duri in termini di occupazione e crollo del prodotto interno lordo come Italia, Spagna, Francia e Grecia, ma intimorisce anche quei Paesi come Olanda e Germania che non vedono più nell’austerità e nel rigore dei conti la panacea di tutti i problemi dell’Eurozona. Caute aperture della cancelliera tedesca Angela Merkel verso la Ue e la Bce che per bocca di Draghi, da tempo, mettono in guardia contro i rischi di una recessione violenta non più governabile con la sola leva monetaria, lasciano ben sperare. L’aver portato i tassi di interesse della banca centrale vicinissimi allo zero non ha aiutato e non può aiutare un rilancio dell’economia reale. E di questo ormai sono tutti consapevoli: Ue, governi nazionali, Bce.
In effetti come denunciato dai Paesi più esposti, e più a rischio nel controllo del rapporto deficit-pil, se non si bloccano le manovre di controllo dei bilanci e non si mette mano al patto di stabilità, non potrà mai concretizzarsi alcuna ipotesi di ripartenza dell’economia. L’allentamento dei vincoli di bilancio ed il blocco di una eventuale procedura di infrazione , come il presidente del Consiglio Enrico Letta ha avuto modo di spiegare alla Merkel nei giorni scorsi, per l’Italia potrebbe comportare due effetti dalle notevoli conseguenze: la prima, non dover mettere mano ai conti chiedendo ulteriori sacrifici fiscali e sociali ad un Paese già prostrato da continui scivoloni economici e da sette trimestri di rosso produttivo; la seconda, quella di liberare risorse per dieci-dodici miliardi di euro almeno, in grado, al momento, di far ripartire una economia contrassegnata da asfissia finanziaria e pressoché totale mancanza di investimenti industriali.
Ma il potere per decidere una svolta portando fuori della stanza dei bottoni finanziari di Francoforte le leve del comando ce l’hanno solo i tedeschi i quali sembrano aver avviato un processo di ripensamento sulla scelta dell’austerità a tutti i costi. Ed un segnale in questo senso è venuto dalle dichiarazioni della Merkel che alla parola “rigore” ultimamente sembra preferire termini come “competitività” e “crescita”. Una scelta che, a giudizio degli esperti, oggi la locomotiva Germania sarebbe pronta a sostenere in funzione di un rilancio graduale dell’economia dell’intera Eurozona.
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