‘Tartufo per tutti’, anche in tempi di crisi: a Città di Castello, in Umbria, la manifestazione che presenta il fascino di un prodotto dal profumo acuto e inconfondibile e dal sapore ineguagliabile.‘ Tartufo per tutti’, anche in tempi di crisi, sarà il leitmotiv della trentaquattresima edizione della ‘ Mostra Mercato nazionale del tartufo bianco’ di Città di Castello (Perugia), che apre i battenti oggi per chiuderli domenica 3 novembre.
A fare da cornice al pregiato ‘Tuber Magnatum Pico’, o tartufo bianco o trifola, presente in buona quantità nelle campagne dell’Alta Valle del Tevere, come da tradizione nella prima domenica di novembre, il centro storico della cittadina umbra. L’evento è promosso dalla Comunità Montana Alta Umbria e dall’ amministrazione comunale.
Obiettivo principale di questa mostra nazionale è quello di promuovere il tartufo e le eccellenze del territorio. Tra gli stand si troveranno quindi tartufi per tutte le tasche, con pezzature e tipologie diverse, con i mastri tartufai pronti a spiegarne le differenze.
Il mercato del tartufo, vero cuore della manifestazione, si svolge in piazza Matteotti con la presenza di molti produttori. E’ stato lasciato anche spazio per dimostrazioni e corsi di cucina a base di questa muffa pregiata: sotto il Loggiato Gildoni, infatti, è stato allestito lo spazio ‘ Odori e sapori del territorio’, che offre menu tipici, mentre gli espositori delle eccellenze nazionali trovano accoglienza nella tensostruttura dedicata ai ‘ Sapori d’ Italia’, in piazza Gabriotti.
Molti gli ‘ spettacoli’ di cucina condotti da Alex Revelli Sorini e Susanna Cutini, dell’ Accademia italiana di gastronomia storica, insieme alle scuole alberghiere della città.
Per la prima volta,poi, il ‘ Tartufo Master Chef” (a partire dal pomeriggio di sabato), in cui potranno mettersi alla prova alcuni concorrenti, aspiranti cuochi o semplicemente appassionati che si vorranno mettere in gioco davanti a una giuria composta da chef e giornalisti da tutta Italia presieduta da Michele Bendini, il veterinario con la passione della cucina che ha partecipato alla prima edizione di Master Chef Italia. Ricca anche la scelta dei laboratori, a partire da quelli intorno a un altro grande prodotto del territorio, la Chianina, per la quale a grande richiesta tornano ‘ Il Vitellone bianco quiz’ e ‘ Chianina Art Junior’, lo spazio riservato ai bambini delle scuole dell’ infanzia, a cura del Consorzio di tutela del Vitellone bianco dell’ Appennino centrale. Inoltre, gli excursus tra storia e gusto di Slow Food, le degustazioni a cura della Proloco e delle società rionali della cittadina, custodi dell’ ortodossia quando si parla piatti tipici.
Anche qui non può mancare, tra le novità di questa edizione, la birra artigianale che sarà protagonista di percorso in combinazione con il tartufo.
E, infine, gli ospiti: molti, sono attesi nella sezione ‘ I libri del tartufo’, durante la quale sarà presentato il ricettario, raccolta delle tre pubblicazioni già edite in un unico volume diretto al pubblico. Ma c’è anche un fitto cartellone di presentazioni di libri sul tema del territorio e dell’ enogastronomia.
La storia del tartufo
Il tartufo è un frutto della terra conosciuto dai tempi più antichi. Si hanno testimonianze della sua presenza nella dieta del popolo dei Sumeri ed al tempo del patriarca Giacobbe intorno al 1700 – 1600 a.C. I Greci lo chiamavano Hydnon, i Latini lo denominavano Tuber, dal verbo tumere (gonfiare). Gli antichi Sumeri utilizzavano il tartufo mischiandolo ad altri vegetali quali orzo, ceci, lenticchie e senape. Plinio il Vecchio
nel libro della Hystoria Naturale ci narra di un pretore, tale Lartio Licinio, che si trovò nella situazione di emettere una sentenza che gli creava un enorme imbarazzo. Un ricco cittadino chiedeva un risarcimento da una persona che gli aveva donato un tartufo contenente una moneta che gli si rivelò solo quando, addentato il tartufo, gli si spezzarono i denti incisivi. L’opinione di Plinio, nella sua veste di naturalista, era che il tartufo “sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”. Plutarco azzardò l’affermazione alquanto originale che il “Tubero” nasceva dall’azione combinata dell’acqua, del calore e dei fulmini. Nel passato, non essendo ancora stabilita l’origine dei tartufi, la scienza unita alle credenze popolari coprirono il tartufo di mistero al punto che non si sapeva definire se fosse una pianta o un animale. Venne anche definito come una escrescenza degenerativa del terreno e addirittura cibo del diavolo o delle streghe. Per una ventina di secoli, si è anche discusso sulle proprietà afrodisiache del tartufo. Nel ‘700 il tartufo Piemontese era considerato presso tutte le Corti una delle cose più pregiate. La ricerca del tartufo costituiva un divertimento di palazzo per cui ospiti e ambasciatori stranieri a Torino erano invitati ad assistervi. Il Conte Camillo Benso di Cavour nelle sue attività politiche utilizzò il tartufo come mezzo diplomatico, Gioacchino Rossini lo definì “Il Mozart dei funghi”, lord Byron lo teneva sulla scrivania perché il suo profumo gli destasse la creatività, Alexandre Dumas lo definì il Sancta Santorum della tavola. Il tartufo nasce e si sviluppa vicino alle radici degli alberi; con esse vive in simbiosi; preferisce le radici del pioppo, del tiglio, della quercia e del salice, diventando dopo la formazione un vero e proprio parassita. Le caratteristiche di colorazione, sapore e profumo dei tartufi saranno determinate dal tipo di alberi presso i quali essi si svilupperanno. Ad esempio i tartufi che crescono nei pressi della quercia, avranno un profumo più pregnante, mentre quelli vicino ai tigli saranno più chiari ed aromatici. La forma, invece dipenderà dal tipo di terreno: se soffice il tartufo si presenterà più liscio, se compatto, diventerà nodoso e bitorzoluto per la difficoltà di farsi spazio. Le varietà del tartufo sono un centinaio, ma le specie più pregiate sono il tartufo bianco o trifola (“Tuber magnatum pico”) ed il tartufo nero di Norcia (“Tuber melanosporum”). Il primo, dal profumo intenso e persistente, è diffuso in Piemonte sulle colline delle Langhe e del Monferrato, lo si trova anche in piccole zone dell’Umbria (Gubbio, Citta’ di Castello), delle Marche (Acqualagna, S. Angelo in Vado), della Toscana (San Miniato), della Romagna (Valle del Montone). Il tartufo nero, dal profumo più delicato, abbonda nell’Italia centrale, specialmente in Umbria.
Per ulteriori informazioni visita il sito dellaComunità Montana Altotevere Umbro o la sezione dedicata alla Mostra Nazionale del Tartufo di Città di Castello
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