Le ultime vicende di cronaca sono note: nell’occhio del ciclone è finito il concorso per l’accesso alla scuola di specializzazione in Cardiologia presso il Policlinico Umberto I collegato all’Università “La Sapienza” di Roma, per un totale di 15 posti di cui 6 per la cattedra di Cardiologia I, 6 per Cardiologia II e altri 3 presso la sede distaccata dell’Ateneo romano, a Latina. Bene, alla redazione de “La Repubblica” era pervenuta un mese prima della pubblicazione dell’esito delle selezioni una mail a firma di un “medico deluso” che preannunciava i nomi dei 6 vincitori per Cardiologia I. Tutti “indovinati”. Come anche il metodo che si sarebbe seguito per posporre dalle posizioni utili i concorrenti esterni, pur in possesso di ottimi profili curriculari. Sufficiente attribuire voti bassi a questi ultimi in sede di esame per favorire gli interni. Tra cui risulterebbe, tra l’altro, anche uno studente che si sarebbe prestato a far da autista al Professor Francesco Fedele, titolare della prima cattedra di Cardiologia a “La Sapienza” e “dominus” del concorso. Al momento è in corso un’indagine interna all’Ateneo per decidere se annullare o meno la procedura. Ma questo è solo l’ultimo di tanti casi analoghi che funestano, da sempre, l’universo concorsuale italiano. Sempre di quest’estate è la notizia del pronunciamento del Tar Lazio che ha disposto il reinserimento nel dipartimento di italianistica, sempre a “La Sapienza”, di una candidata vistasi posposta a favore di una concorrente, peraltro figlia di un editore. Ma si susseguono segnalazioni di irregolarità o di procedure, quantomeno, sospette espletate presso gli Atenei di Udine, Pavia e Milano. Tratteggiato sommariamente l’avvilente panorama, quale l’antidoto? A sentire i ragazzi, delusi, interessati a carriere il cui accesso è condizionato al superamento di selezioni pubbliche sembrerebbe uno solo: fuga all’estero dove la serietà è maggiore. In realtà, non manca chi sottolinea come, anche nella civilissima Finlandia, segnatamente all’Università di Tampere, siano stati escogitati metodi per favorire interni a scapito di pur brillanti stranieri. Tutto il mondo è paese, è meglio lasciar perdere, quindi? Non proprio. Innanzitutto, occorre operare un distinguo tra concorsi banditi da enti pubblici e quelli prettamente universitari ove le garanzie di trasparenza sono, purtroppo, assai minori per le consuete logiche da “baronati”. Per i primi, soprattutto nell’Italia al tempo della crisi, vale la pena insistere. Raccomandazioni e favoritismi per gli interni ve ne sono e ve ne saranno ma spazi a disposizione per concorrenti non segnalati non mancano, specialmente per quelle procedure che mettono in palio un numero sostanzioso di posti. Le commissioni d’esame, poi, sono spesso (ma non sempre) composte da membri esterni e la corsia preferenziale per i candidati esterni è circoscritta, almeno ufficialmente, ai posti riservati e sempre e solo ove la procedura in questione lo preveda espressamente da bando e mai oltre una certa soglia percentuale. Più complicato è il mondo concorsuale universitario dove i privilegi per i “soliti noti” sono molto meno arginabili. Apparentemente, infatti, non vi sono mai riserve a favore di interni, ma, di fatto, è come vi fossero o, peggio, con margini di sicurezza sui candidati esterni addirittura maggiori che non in un normale concorso pubblico. Con l’aggravante della consuetudine di inserire nelle posizioni utili parenti, assistenti, ecc. anche con l’abusata formula del “favore incrociato” (io, direttore di una scuola di specializzazione, faccio entrare tuo figlio e tu, direttore di altra scuola, fai lo stesso con il mio). Il tutto favorito dalla composizione di commissioni formate esclusivamente da membri interni. Soluzioni? Una la sta proponendo proprio in questi giorni il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, e si tratta della graduatoria nazionale, appena varata per decreto ma ancora da rendere operativa. Certamente un passo avanti sulla via della trasparenza, ma, da sola, insufficiente. Occorre rivedere non solo i criteri di formulazione delle graduatorie ma anche e soprattutto quelli di composizione delle commissioni. Una delle proposte più gettonate sui vari forum di discussione sull’argomento è quella di avvalersi di docenti stranieri di formazione equivalente ai loro corrispettivi italiani. Certamente meno manovrabili o raggiungibili e non predisposti favorevolmente nei confronti di chi già conoscono. Spiegazioni come quelle addotte dal Prof. Fedele che, intervistato sull’argomento, ha risposto con un disarmante “è fisiologico, monto il cavallo che conosco di più” ben si attagliano ad una selezione condotta da un privato ma sono inaccettabili per un concorso pubblico degno di questo nome. Oppure non lo si chiami più concorso e si tolga il velo dell’ipocrisia. Daniele Puppo
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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