Tra diffidenza e ambiguità continua il confronto-scontro nella Ue, sui tempi ed i modi per intervenire nella gravissima crisi economica scatenata dalla pandemia di Coronavirus.
L’aria che tira non lascia presagire nulla di buono. Almeno per quanto riguarda la prospettiva di soluzioni radicali e durature universalmente accettate da tutti gli stati membri.
Ieri l’Eurogruppo, ovvero il vertice dei ministri delle finanze dei Paesi europei che avrebbe dovuto varare le misure più urgenti per fronteggiare la crisi, chieste con forza da otto Paesi più colpiti come l’Italia la Spagna ma anche la stessa Francia, si è concluso con un nulla di fatto. Ufficialmente per l’opposizione netta e dichiarata degli olandesi che non vogliono eurobond “dedicati” o riconducibili alla crisi sanitaria, da mettere a disposizione di chi ne faccia richiesta.
Quella proposta che costringerebbe tutti indistintamente ad attingere ad un unico prodotto finanziario garantito dalla Ue, agli olandesi (con il forte sostegno di Angela Merkel) non piace e non intendono farlo passare, come ben stigmatizzato dal presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, che solo poche ore prima aveva annunciato “il pacchetto di misure più grande e ambizioso mai preparato”.
Ma dopo una notte di trattative l’annuncio: “non siamo ancora arrivati ad un accordo anche se il mio obiettivo rimane quello di una forte rete di sicurezza dell’UE al fine di proteggere lavoratori, aziende e Paesi”.
Se ne riparlerà domani. I problemi però restano, cosi come restano distanti le posizioni tra i vari Paesi.
Ma intanto all’orizzonte si profila un possibile “trucco” con cui Francia e Germania potrebbero attrarre il Governo italiano e gli altri Paesi del Sud nella trappola del Mes. E questo trucco si chiama Recovery fund un prodotto inventato dalla Francia, che mentre firmava l’appello comune di otto Paesi per i coronabond, contestualmente aveva raggiunto un accordo con la Germania per una risposta all’emergenza basata su tre pilastri: Mes con condizionalità alleggerite, schema Sure per i cassintegrati e garanzie della Bei per le imprese.
Per creare un ponte tra queste due posizioni contraddittorie il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire, alla fine della scorsa settimana, aveva messo a punto una proposta di mediazione che passa per un fondo temporaneo ed eccezionale che emetterebbe strumenti sul mercato ma solo per un periodo di tempo limitato, denominato appunto Recovery fund.
Una proposta che dovrà essere nel pacchetto iniziale che sarà discusso da domani “altrimenti non daremo l’assenso al pacchetto globale” fanno sapere oggi alte fonti del governo francese.
Sempre oggi ha fatto eco ai francesi il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz: “abbiamo parlato di un Recovery fund da sviluppare e bisogna accordarsi sui criteri di organizzazione. Questo dovrà essere il lavoro delle prossime settimane e mesi”.
A giudicare da quanto sta emergendo, per l’Italia, le cose non starebbero mettendosi al meglio. Nessuno, in Europa, sembra infatti intenzionato a prestarci quel bazooka che invochiamo da tempo e per il quale Palazzo Chigi ha approntato due giorni fa un piano di rottura e sostegno all’economia basato su una manovra di 400 miliardi (di debiti) che può avere senso solo se supportata da fondi illimitati garantiti dalla Ue.
Stasera nel corso di un vertice a palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte, il titolare del Mef Roberto Gualtieri, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, si cercherà di stabilire la linea d’intervento oltre la quale non sono più possibili concessioni. La strada a questo punto è in salita perché trovare alleati per diventare maggioranza nell’ambito dell’Eurogruppo non sarà facile anche se la Francia continua a dire che “Un fallimento è impensabile”.
Ma siamo sicuri che alla fine il “decisionismo” francese possa accarezzare l’idea di archiviare scelte strategiche economiche e finanziarie da sempre condivise con Berlino? Difficile a dirsi.
Quello che più preoccupa noi italiani sono proprio quelle trattative parallele che ripropongono anche oggi l’orientamento di una leadership europea franco-tedesca sempre dura a morire. Conte è avvertito e farà bene a vigilare, tirando fuori, al momento giusto, le contromosse che non tradiscano le aspettative del Paese.
e.c.
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