Tanta acqua ( è proprio il caso di dire e scusateci il banale gioco di parole…) è passata sotto i ponti. Da quando, ad alle Olimpiadi di Atene del 2004, una ragazzina di belle speranze ( 16 anni, all’epoca) si affacciava alla sua prima finale che conta, una finale olimpica, e lo faceva a suon di tempi da predestinata del nuoto mondiale. Terminò seconda, medaglia d’argento, quella gara nella patria dei Giochi. Di un niente dietro alla romena Potec ( che, anni dopo, sarebbe passata anche lei sotto la cura delle sapienti mani del francese Lucas, attuale allenatore della Fede nazionale, ndr), partita in prima corsia e, probabilmente per questo, sfuggita al controllo visivo della Pellegrini. Che quella gara la stava controllando, se non dominando, in assoluta sicurezza. Un argento incassato non senza rimpianti ed amarezze da Federica. Che, poi, avrebbe raccolto altre cocenti delusioni, come il secondo gradino del podio alle spalle della non certo insuperabile francese Figuès, ai mondiali del 2005 a Montrèal, e, addirittura, un bronzo alla successiva rassegna iridata, a Melbourne, nel 2007, dove, sulla scorta del primato del mondo conquistato in semifinale, era partita come l’atleta da battere in finale. Venne, invece, battuta dall’eterna rivale, la francese Laure Manaudou che, non paga, le strappava anche il fresco record. L’astro nascente del nuoto italiano ( ricordiamo che la medaglia d’argento di Atene rappresentava la prima medaglia olimpica femminile del nuoto azzurro, dopo ben 32 anni di digiuno, dopo Novella Calligaris, per intenderci, ndr) continuava a raccogliere delusioni, in rapporto alle aspettative, enormi, che le gravavano addosso come macigni. Poi, la svolta. Agli Europei di Eindhoven del 2008 rompeva il ghiaccio con i grandi appuntamenti in vasca lunga, vincendo l’oro nei 400 sl. Alle Olimpiadi di Pechino, poi, dopo un deludente 5° posto nei 400sl, arrivava anche l’alloro olimpico nella sua gara preferita, i 200 sl ( primo oro del nuoto azzurro, al femminile). Da lì iniziava una striscia di vittorie in grandi appuntamenti che sembra, tutt’oggi, non avere mai fine. La farfalla era sbocciata. Chiudeva il suo straordinario 2008 aggiudicandosi vittoria e primato del mondo, nei 200 sl, agli Europei in vasca corta di Fiume. Nel 2009, la consacrazione. Dopo aver sbaragliato la concorrenza nei 400 sl ai Giochi del Mediterraneo, a Pescara, si affermava come la protagonista assoluta ai Mondiali di Roma, ottenendo, a suon di primati mondiali, la medaglia di metallo più pregiato sia nei 200 sl che nei 400 sl. Diventava, così, l’atleta italiana più conosciuta, ammirata e vincente ( assieme alla fiorettista Valentina Vezzali) dell’intero sport italiano. Il tutto sotto l’accorta guida del suo allenatore più amato, Alberto Castagnetti, con il quale il sodalizio era nato nel 2006. Il destino, però, era dietro l’angolo: il 12 ottobre 2009, infatti, Castagnetti, da tempo gravemente malato, lasciava Federica e tutto l’ambiente del nuoto italiano. La perdita era enorme e avrebbe messo in ginocchio qualunque atleta normale. Ma la normalità non è la specialità della Pellegrini. Lei è nata per nuotare. Veloce. Più veloce di tutte le altre. Così, dopo un non idilliaco rapporto professionale con il nuovo allenatore, Stefano Morini, con il quale, comunque, continua la sua messe di successi, vincendo l’oro agli Europei in vasca corta ad Istanbul e, successivamente, quelli in vasca lunga a Budapest nel 2010, passa ad inizio 2011, sotto la guida del francese Philippe Lucas ( quello che, guardando le foto sui giornali, somiglia come una goccia d’acqua al Dio del tuono dei fumetti Marvel, il mitico Thor) e lo segue a Parigi. Dove inizia una nuova fase della propria vita. Si sottopone ad allenamenti durissimi, di un’intensità mai provata prima. I risultati di cotanta fatica? Li stiamo vedendo in questi giorni. Ed è un bel vedere. Un motivo di grandissima soddisfazione non solo per la campionessa di Spinea, ma per tutto lo sport italiano e per tutto un Paese che di favole belle ( e pulite) ha bisogno come dell’ossigeno. A Shanghai, la Pellegrini, riesce, anche in forza di una nuova strategia studiata appositamente con il nuovo coach transalpino e che prevede un avvio in controllo per poi liberare tutta la sua furia nella seconda metà di gara, a riscrivere la storia non solo dello sport italiano, ma del nuoto mondiale: doppietta d’oro, 400 sl e 200 sl! Un doppio bis mondiale, consecutivo! Mai nessuna donna era riuscita a tanto nell’intera storia del nuoto iridato. E, a livello maschile, solo la “torpedine”, il leggendario australiano Ian Thorpe, aveva inanellato un doppio bis in questa manifestazione ( Fukuoka 2001 e Barcellona 2003). Un bottino strepitoso, con 13 medaglie ( 7 ori, 3 argenti e 3 bronzi) ottenute in grandi eventi in vasca lunga e, addirittura, 11 primati mondiali stabiliti nel corso di una carriera di un’atleta che, ricordiamolo, il 5 agosto compirà solo 23 anni! Con l’affascinante sfida olimpica di Londra 2012 alle porte. E’ presto per tracciare un quadro definitivo che possa stabilire la grandezza della ragazza di Spinea e per poterla collocare all’interno di un’ideale graduatoria delle più grandi di sempre dello sport azzurro. La speranza è che sia ancora tanto, troppo presto.
Daniele Puppo
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