Foxconn: il sindacato arriva anche in Cina

La Foxconn permetterà ai lavoratori di eleggere i loro rappresentanti sindacali. E' la prima volta per una grande azienda cinese.

La Foxconn permetterà ai lavoratori di eleggere i loro rappresentanti sindacali. E’ la prima volta per una grande azienda cinese. Una svolta epocale, considerando i numeri. La fabbrica con 1,2milioni di dipendenti è il primo produttore mondiale di elettronica per conto di terzi, tra cui,  prestigiosi marchi come Apple, Sony, Nokia e Dell.

Se si è giunti a questo punto di svolta è solo grazie all’ indignazione dell’opinione pubblica mondiale, unita a richieste di boicottaggio dei prodotti costruiti nella “fabbrica dei suicidi”, tra cui iPhone e iPad, che ha costretto i committenti stranieri a rivedere i contratti e le carte in tavola. Cominciando con dislocare fuori dalla Cina del terzo millennio una parte della produzione di componenti precedentemente assemblati alla Foxcom, minacciare l’interruzione dei rapporti con il colosso cinese e andare a cercare “schiavi” altrove.
La mossa della Foxconn di aprire al sindacato, potrebbe essere solo un’azione preventiva con l’obiettivo di far trasparire una normalità a livello internazionale. Anche se in fondo una grande parte della forza lavoro cinese non solo ignora i benefici, ma la ostacola, per paura di importare un modello che proviene da un occidente, che proprio a causa dei paesi come la Cina, divenuto scarsamente competitivo.
Il governo è comprensibilmente in allarme per il calo alla propensione al lavoro H24 del nuovo popolo cinese. Da una parte si può creare benessere per i cittadini e acquisire peso politico nel mondo. Dall’altra proprio a causa del benessere, con la conseguente richiesta di diritti da parte dei lavoratori, si corre il rischio di allontanare multinazionali che hanno garantito commesse per miliardi di dollari.
Questa è la sfida che il partito comunista cinese non può permettersi di perdere.

E.S.

 

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