Si era parlato di governo a termine e invece il premier Enrico Letta pare inizi a prenderci gusto e va per la prima volta contro quelle che erano parse le direttive del “padre- protettore” di questo esecutivo, il presidente Giorgio Napolitano. O almeno prova a buttare il sasso per smuovere un po’ le acque e vedere che succede.
L’occasione si è presentata durante la puntata di “8 e mezzo” di mercoledì sera quando Letta, rispondendo ad una domanda della conduttrice Lilly Gruber, ha affermato che l’attuale esecutivo potrebbe durare anche “4 anni e 10 mesi” cioè fino a fine legislatura. Ben più difficile sarà arrivare alle riforme in programma entro i 18 mesi stabiliti, anche perché di questo passo, si rischia di restare impantananti con la più inutile di tale riforme: il semipresidenzialismo. O quanto meno la meno urgente, data la crescente disoccupazione giovanile e non. Ma tant’è, Letta ha ribadito che se la tempistica non dovesse esser rispettata sarà pronto a “trarne le conseguenze”. Tuttavia le divisioni del Partito democratico sul presidenzialismo potrebbero non essere l’unico ostacolo per lo strano governo. Sul capo di Silvio Berlusconi, infatti, pendono sempre quei procedimenti giudiziari in corso che potrebbero sfociare in una condanna. Condanna che inevitabilmente sbarrerebbe la strada ad esecutivo e riforme. Il premier comunque si dice tranquillo e non teme che un’eventualità di questo tipo possa avere “effetti sul governo”.
Letta inoltre fissa quali sono le priorità da cui partire. Nell’agenda di governo vi è infatti la lotta proprio alla disoccupazione giovanile per la quale sarebbero pronte misure volte alla “defiscalizzazione e decontribuzione per le imprese che assumeranno giovani”.
Sul fronte riforme costituzionali invece è pronto ad insediarsi già da oggi il comitato di 35 esperti appena nominati che serviranno di supporto al parlamento in questo difficile percorso. “Presenteremo il ddl per fare partire il processo – afferma Letta – La Costituzione italiana è la più bella del mondo ma va cambiata. Siamo il doppio dei parlamentari degli Usa e questo non è possibile. Bisognerà intervenire sulla Carta, e lo stesso si deve fare per il superamento del bicameralismo paritario”. I “saggi” lavoreranno anche all’eventuale elezione diretta del capo dello Stato.
E a proposito di capo dello Stato, dal Colle arriva un dietrofront che potrebbe rendere più semplice il lavoro dell’attuale esecutivo. Il presidente Napolitano ha infatti smentito di aver parlato di un governo a termine. Così recita la nota del Quirinale: “Si continua ad accreditare il ridicolo falso di un termine posto dal Presidente della Repubblica alla durata dell’attuale governo. Sarebbe un fatto di elementare correttezza non insistere in una polemica chiaramente infondata”.
Secondo il capo dello Stato alcuni organi di stampa avrebbero infatti strumentalizzato le sue parole (“governo senza dubbio a termine”), lasciando intendere che il termine in questione sarebbero i 18 mesi per le riforme, quando la scadenza potrebbe essere intesa anche come una scadenza naturale e non temporale.
U.C.