Mancava solo l’ufficialità. Ora, al primo match ball utile e dopo un GP d’India dominato in lungo e in largo e al termine di una prova di forza impressionante (dopo la sosta al 1° giro, 19 posizioni recuperate in un amen), Sebastian Vettel si è confermato per la quarta stagione di fila campione del mondo. Quattro come Alain Prost ma più e meglio di “naso arcuato”. Le quattro tacche del francese, infatti, non erano state consecutive. Come Fangio, allora? Neanche. Il “cabezòn” argentino, pur iridato anche in una quinta occasione, non ci era riuscito così giovane (sole 26 le primavere del fuoriclasse tedesco). Come Schumacher? Nì. Michael, infatti, era riuscito nell’impresa di vincerne cinque consecutivi sui suoi sette complessivi ma, comunque, anche lui non così precocemente. E con la vittoria in India fanno 36 centri in carriera, 10 solo in questa stagione (e mancano ancora 3 GP!), 6° sigillo consecutivo, ad un solo successo dal primato assoluto detenuto da Schumacher con 7 trionfi nel 2004. Di questo passo, il tedesco della Red Bull è destinato a riscrivere buona parte dei libri dei record della F1. E la superiorità schiacciante mostrata dalle Red Bull anche in questa stagione non lascia intravvedere scenari molto diversi. E si ha un bel dire che per dimostrare di essere il migliore di sempre, Vettel dovrebbe mettersi alla prova con vetture di valore inferiore. Tipo la Ferrari di quest’anno. Sebastian onorerà sino al termine il suo contratto in essere con la casa anglo austriaca e non si vede come possa in considerazione ipotesi differenti. E’ il più forte. Alla guida della monoposto più veloce. Un gran bel vantaggio, sicuramente. Lui lo sfrutta in pieno. Giustamente. Ad ulteriore testimonianza della superiorità Red Bull, c’è da registrare anche la grande gara di “calimero”Mark Webber che avrebbe chiuso con ogni probabilità al posto d’onore, se non fosse stato costretto al ritiro (guasto all’alternatore) a 20 giri dal termine. Ma non si è calimeri per caso.
Agli altri il compito di recriminare e congetturare. In una sola parola, “rosicare”, come si dice a Roma e dintorni. E come stanno imparando a fare anche dalle parti di Maranello, impegnati, già dopo Monza, a lavorare già per il 2014. Una prospettiva avvilente che non deve aver fatto molto piacere al pur combattivo Montezemolo. Che ha dovuto mandar giù anche il sorpasso della Mercedes nella classifica costruttori e con una Lotus che, con tre prove davanti, potrebbe anche far scivolare il “Cavallino” giù dal podio. Dove, in India, si è solo avvicinato Felipe Massa, in cerca dell’acuto d’addio in “rosso”, alla fine quarto. Male, anche per colpe non sue (fatale un contatto alla prima curva con un Webber a sua volta “toccato” da Raikkonen). Un 11° posto che si traduce in zero punti ( non gli accadeva da Silverstone 2010) e in un distacco record dalla vetta iridata (ora fanno 115 punti, un abisso). Alla luce di quanto emerso soprattutto nei GP post sosta estiva, comprensibili i “mal di pancia” di Fernando, un cavallo di razza costretto ad andare al passo. Una condizione per lui innaturale. E difficilmente digeribile per un grande agonista come l’iberico che sente di avere ancora molto da dare e da dire nella F1. Solo che, salvo un improbabile approdo in Red Bull a far da altrettanto improbabile “valletto” a Vettel, non si capisce come Alonso possa coronare le sue ambizioni altrove. Il matrimonio con la Ferrari non sarà più un idillio ma resta l’affare migliore possibile. Per ambedue le parti.
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