Solo domani mattina sapremo se il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è pronto o meno a sciogliere la riserva su come e con chi superare la crisi di governo consumatasi drammaticamente, ieri pomeriggio, con le dimissioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Il governo stasera si è liquefatto tra gli insulti. Ed anche il tardivo ritiro della mozione di sfiducia da parte della Lega non è riuscito a placare gli animi. Quello del premier è stato un addio durissimo caratterizzato da accuse e controaccuse che non ammetteva, fin dalle prime battute, nessuna possibilità di recupero per la vecchia formula gialloverde cementata in quel documento programmatico, a firma Salvini Di Maio, diventato carta straccia negli ultimi tre mesi di coesistenza armata a Palazzo Chigi.
Adesso la parola d’ordine è guardare avanti ma il quadro di riferimento politico istituzionale, si presenta tutt’altro che facile. Salvini dopo aver offerto ai Cinquestelle, in verità senza convinzione, di andare avanti per portare a compimento le riforme previste dai vecchi accordi, a cominciare dal taglio dei parlamentari, pensa a come arrivare alle elezioni politiche nel più breve tempo possibile. Compito arduo per il momento, perché anche per portare il Paese alle urne, diciamo entro la fine dell’anno, Mattarella dovrà comunque far decollare un governo di scopo o istituzionale nel momento in cui è molto più difficile, se non impossibile, pensare ad un esecutivo di programma.
Ma con chi e attraverso quale maggioranza domani Mattarella potrà dare l’incarico ad un candidato, magari espressione delle più alte cariche dello Stato se non addirittura allo stesso Conte? All’appuntamento del confronto parlamentare in Senato il Pd, unico possibile interlocutore per una ipotesi di questo tipo, si è presentato diviso, con Matteo Renzi che dice di non voler far parte di un prossimo governo guidato dagli odiati M5S, anche se potrebbe votarlo, e la segreteria di Zingaretti molto attendista e possibilista pronta ad imbarcarsi in una nuova avventura che comunque potrebbe portare in dono anche una pericolosa ipotesi di scissione interna, che l’ex premier non esclude in quanto giudica “un suicidio” per il Paese, e la sinistra in generale andare alle urne nel prossimo autunno.
Ma di urne si deve parlare. Salvini che, dopo il pasticcio della crisi al buio, ora teme l’inciucio Cinquestelle-Pd, davanti a sé non ha che una strada: portare gli italiani al voto e preparare un accordo di legislatura con quanti, a destra (Fratelli d’Italia e Forza Italia), da qualche mese, sollecitavano la fine delle intese con Di Maio e compagni.
Ancora 24 ore e sapremo cosa dovremo attenderci. Ovviamente tutti gli occhi ora guardano al Colle dove Mattarella sembra comunque più che mai orientato a stringere tantissimo sui tempi di una crisi che rischia di danneggiare il Paese più quanto si immagini.
L’importante è che nessuno all’interno dei palazzi del potere pensi a soluzioni provvisorie, di compromesso. L’Italia ne uscirebbe a pezzi. Dunque la parola torni alla gente. Si voti, e così, finalmente, sapremo chi e con quale mandato dovrà riprendere la barra del timone.
Enzo Cirillo
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