In occasione della visita di Hassan Rohani, le statue di nudi ai musei Capitolini sono state coperte da pannelli di compensato bianchi. La motivazione ufficiale? Non offendere la sensibilità religiosa e culturale del presidente iraniano. Tra le immancabili proteste e polemiche, si sono levate alte le grida di Sgarbi a sottolineare come questo eccesso di zelo, in realtà, nasconda una profonda ignoranza.
Ma a dirla tutta, sembra che si tratti piuttosto di autocensura, una specie di tacita ammissione che sì, siamo noi gli Infedeli descritti dal Corano. Nessuno si copre se non prova un po’ di vergogna.
Un comportamento goffo di chi ha dimenticato che cosa abbia rappresentato il nudo per la nostra civiltà almeno nel momento del suo massimo splendore. Intorno al ‘400 la cultura classica si fonde splendidamente con quella cristiana dando vita all’Umanesimo e al Rinascimento. Nella scuola d’arte fondata dal Magnifico, i giovani artisti che hanno reso immortale il nostro Paese, studiavano i nudi greci. Mai come in questo secolo il corpo umano ha acquistato valore di espressione della bellezza. Si conia il termine “classico” per indicare quel modello antico ideale che era giunto a una perfezione formale.
L’Umanesimo rilegge la cultura pagana. Nei nudi statuari, pensati su parametri di armonia, intravede una forma di religiosità pre-cristiana, il corpo è espressione di una perfezione che avvicina alle divinità. Quella stessa bellezza dei corpi nudi poteva essere all’altezza di rappresentare l’Incarnazione. L’interesse al nudo, nel Rinascimento, nasce anche a motivo di una precisa scelta teologica.
Il Rinascimento italiano, prima della Controriforma, si spinse fino a rappresentare la nudità di Cristo. Lo studioso Leo Steinberg, nel suo volume “La sessualità del Cristo nel Rinascimento e il suo oblio nell’età moderna” si chiede perché esistano, da prima del 1400 alla metà del XVI secolo, centinaia di opere pittoriche che ci mostrano, nell’iconografia del Cristo Bambino, una ostentatio genitalium. La risposta che dà è chiara. Nessuno dubitava nel Rinascimento della divinità di Cristo, l’iconografia pittorica si cimentava piuttosto a mostrarne e comprovarne l’umanità.
Ghirlandaio, Adorazione dei Magi, 1487, Galleria degli Uffizi, Firenze
Gli esempi sono tantissimi così le testimonianze iconografiche. Toccante ci appare “Madonna ed Angeli adoranti il bambino” di Francesco Botticini, opera tardo quattrocentesca. Un Angelo lascia cadere dei fiori proprio sugli organi genitali del Bambin Gesù.
Altrettanto significativa l’opera l’ ”Adorazione dei magi” del Ghirlandaio, nella quale uno dei Re Magi scosta la veste del Bambin Gesù per accertarsi che sia veramente uomo.
I nudi, tanto accusati poi nel fuorviante clima della Controriforma, diventano addirittura spunto di contemplazione mistica per un’artista della portata di Michelangelo Buonarroti. Negli affreschi della volta e del Giudizio Universale la natura umana sembra impastata con quella divina. Buonarroti, più di chiunque altro, ha visto Dio in un corpo mortale. E’ come se si volesse ribadire che il legame tra noi e il Cristo è scritto nel corpo.
Per ribadire con forza la dignità dell’uomo non c’era modo migliore se non sottolineando che Dio stesso non aveva disdegnato di assumerla. Qualsiasi danno subito dall’uomo dopo il peccato originale era stato sanato con l’Incarnazione.
La Controriforma e l’Inquisizione poi, bloccarono per quattrocento anni questa enorme e grandiosa rivoluzione artistica, antropologica e teologica che solo la nostra civiltà poteva apportare. Nei secoli, sugli affreschi della Cappella Sistina furono applicate varie “braghe” censorie.
Dalla Controriforma ci vollero quattrocento anni prima che si tornasse a capire il valore artistico, antropologico e spirituale della raffigurazione del nudo.
In occasione del restauro concluso nel 1994, tutte le “braghe” tarde sono state asportate. Sono state lasciate solo quelle del ‘500, come testimonianza storica della Controriforma. Al termine del restauro, dopo tre anni, Giovanni Paolo II affermò che “ Il Giudizio Universale” di Michelangelo era “ il santuario della teologia del corpo umano”.
Più che di vergognarsi, per noi occidentali è veramente giunto il tempo di ricordare. Pensiero debole permettendo.
Alessandra Caneva
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