Il derby tra le deluse di Coppa ha emesso un verdetto che più chiaro non si può: tra i confini nazionali la Juve non teme rivali e sbagliava di grosso chi confidava in un calo psicofisico dei ragazzi di Conte. All’Olimpico, la Juve si è imposta con un inequivocabile 0-2 che consente ai bianconeri di allungare a +11 sul Napoli a sole sei giornate dal termine del campionato ( tradotto: ora bastano 7 punti per piegare anche la matematica all’evidenza) e di sfatare il tabù Petko-Lazio (due pareggi e una sconfitta nei precedenti stagionali con annessa estromissione dalla finale di Coppa Italia). Il balsamo dopo le delusioni europee se lo prende tutto la Juve, dunque. E con pieno merito. Non che la Lazio abbia demeritato, ma un confronto che già si preannunciava impari anche (ma non solo) in virtù delle pesanti defezioni in casa biancoceleste che hanno costretto Petkovic ad allestire un quartetto difensivo assolutamente inedito e dai sincronismi tutti da inventare, è stato indirizzato verso i campioni d’Italia già dopo otto giri di lancette, complici gli svarioni da principiante proprio di colui che doveva essere l’elemento più sicuro dell’improvvisata retroguardia laziale: Lorik Cana, incappato in una di quelle serate in cui anche un gatto nero che si incrocia per strada scapperebbe via a passo spedito. Il film dell’orrore con protagonista il centrale albanese inizia con un’entrata scomposta e inutile (stava già intervenendo Gonzalez a chiudere) da dietro su Vucinic. Rigore solare che un Vidal con l’argento vivo addosso si incaricava di eseguire con freddezza. Poi, proseguiva con una palla sporcata da più teste in area bianconera a seguito di corner e rimasta a ballonzolare davanti a Buffon. Chiedeva solo un piede compassionevole che la scagliasse dentro. Il piede era quello di Cana, purtroppo. L’esecuzione, una cosa a metà tra un liscio e una svirgolata. Avrebbe fatto la felicità della Gialappa’s Band. Poi, anche una deviazione sfortunata su un filtrante di Vucinic che indirizzava il pallone sul piede più caldo ed ispirato di giornata. Quello dello spiritato Vidal. 2-0 e partita di fatto chiusa qui. In mezzo un’altra occasione di Vidal che, dopo aver eluso Stankevicius ( comunque, positivo, ben al di là delle attese), veniva “murato” da Ciani (che, di lì a poco, sarebbe stato chiamato ad immolarsi una seconda volta a difesa della patria laziale) quando tutto lo stracolmo settore riservato agli ospiti era già in piedi ad esultare. La Lazio, in tutto questo, non rimaneva a guardare ma la sua manovra era troppo lenta e prevedibile e Buffon aveva i suoi grattacapi solo da conclusioni da fermo tra cui una al tritolo di Candreva su cui il “pensionando” respingeva in corner. Tanta buona volontà e poco altro, mentre ogni ripartenza juventina era una stilettata al cuore. In una di queste, Cana provava a redimersi deviando in angolo una conclusione a botta sicura di Marchisio, tornato d’improvviso ai livelli che gli competono. Petkovic comprendeva che così non poteva andare e inseriva Ederson e Kozak per il rientrante Mauri e l’opaco Hernanes. La Lazio passava ad un attacco a due punte e ad una difesa a tre uomini. Soluzione disperata ma corretta e produttiva almeno di un buon avvio di secondo tempo. Ciani s’improvvisava attaccante aggiunto e costringeva, di testa, Buffon al tuffo plastico. Ma, quando su un millimetrico cross dalla destra di Ederson, Kozak non riusciva nella più elementare delle deviazioni aeree ( sulla carta, la specialità della casa), si capiva che il match non si sarebbe mai riaperto. Anche la Juve si cimentava nel festival dei gol fatti divorati con Marchisio che spediva in curva nord un comodo tap in su corta respinta di Marchetti impegnato dalla punizione di un Pirlo affatto distratto dal solito imbecille laser munito (quando la piantiamo?). Allo scadere, Klose, apparso molto più mobile che nelle precedenti uscite ma restio a concludere in prima persona preferendo in più circostanza lo scarico a un compagno accorrente, mandava alto da ottima posizione. Conte, a fine gara, si toglieva qualche sassolino dalla scarpa: “Non c’erano delusioni post Bayern perchè comunque siamo tra le prime otto d’Europa e stiamo vincendo il campionato con numeri straordinari. Se dovevamo andare in depressione dopo lo 0-2 allora io non capisco niente di calcio…Nessuno qua è andato in depressione. I quattro centrocampisti dietro Marchisio, trequartista? Li ho voluti mettere in campo per ripicca verso chi diceva che erano in debito d’ossigeno.” Potrà non suscitare grandi simpatie, il tecnico pugliese, ma è bravo come nessuno a tenere alta la tensione e l’attenzione dei suoi. C’è da giurarci: non mollerà la presa, da vero mastino, sino a quando anche la matematica avrà sancito l’unico verdetto possibile di questo campionato. Che rischia di riservare amarezze in serie alla Lazio che ora, raggiunta dalla Roma, con la pur disastrata Inter ad un solo punto, l’Udinese a tre e il Catania a quattro lunghezze, rischia di non prendere neanche il treno minore dell’Europa League. A Petkovic il compito di far sì che i suoi ragazzi non vivano le sei giornate rimanenti solo come tappe di avvicinamento alla finale di Coppa Italia ( al momento, confermata per il 26 maggio) che potrebbe, comunque, risultare il canale più semplice oltre che immediato per un posto in Europa.
D.P.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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