Manca solo il posticipo Roma-Chievo, quello che potrebbe certificare il tanto atteso primato assoluto di 10 vittorie consecutive in avvio di campionato, per concludere questo secondo turno infrasettimanale. I risultati sin qui maturati ci consegnano una Juve in piena salute che maramaldeggia sul Catania per 4-0 e un Napoli capace, sia pur tra le proteste viola per un rigore convertito in secondo giallo a Cuadrado, di sbancare per 2-1 il Franchi nel match più atteso del turno. A S.Siro, invece, andava in scena il confronto tra le due grandi deluse di questo scorcio iniziale di stagione. Ne è uscito un salomonico 1-1 che piace più alla Lazio mentre lascia il Milan in preda a dubbi tecnici, tattici e societari, oltre che ai fischi impietosi del Meazza. Petkovic, invece, può tirare un sospiro di sollievo: quattro punti in due partite che sembrano scrivere la parola fine alla crisi apertasi dopo il pareggio incolore di Cipro. Anche se, per correttezza, va riportato che Lotito non ha mai messo, almeno pubblicamente, in discussione il suo tecnico mentre il bosniaco ha dichiarato, nel dopo gara che: “Non mi sono mai sentito in bilico”. Meglio così. La partita, comunque, non ha affatto soddisfatto l’allenatore biancoceleste, almeno per i primi 45’ e non c’è da stupirsi. Una Lazio assente in fase propositiva, incapace di mettere più di due passaggi di fila e molto lunga con il centrocampo che assisteva poco e male la linea difensiva. Buon per i capitolini che il Milan, soprattutto in avvio, partito a spron battuto, non sia stato in grado di concretizzare le molte occasioni create. Impalpabile, e non è certo la prima volta che accade, Hernanes. Il brasiliano, partito basso davanti alla difesa (invertendo la posizione con Ledesma), non è mai stato in grado di far ripartire con efficacia i suoi. Molto meglio, almeno come impostazione tattica, nella ripresa con Onazi subentrato al centrocampista della Seleçao e Ledesma riportato nel suo ruolo abituale di frangiflutti. In affanno anche la difesa e anche Marchetti, non più così sicuro come un anno fa, è ricorso spesso a smanacciate senza rischiare la presa. C’è voluto, in ogni caso, lo schiaffone di Kakà (meraviglioso il suo destro a giro sul palo lontano, culmine di una prestazione veramente ispirata per il brasiliano, al ritorno al gol a S.Siro dopo oltre quattro anni) per produrre una qualche reazione. Nulla di trascendentale, sia chiaro, ma una Lazio finalmente più aggressiva si è vista. E, sfruttando un traversone di Candreva e le solite amnesie di una retroguardia rossonera sempre più simile ad una “banda del buco” (nell’occasione colpevole il distratto Zapata), Ciani trovava il pari con un bell’avvitamento aereo (anche se il tocco è stato con la spalla più che di testa). Nel finale era proprio la Lazio, in contropiede, ad andare più vicina al bottino pieno ma per i milanisti, pur in questa versione da “figli di un Dio minore”, sarebbe stato veramente troppo. Clamorosa, comunque, la palla gol finita sui piedi di un esausto Klose che appoggiava un innocuo pallone alla novità Gabriel. Di questi tempi, un anno fa, il tedesco un pallone simile lo avrebbe “bruciato”. Miro è tornato (e con il Cagliari si è visto cosa possa ancora produrre la sua classe) ma la miglior condizione è ancora lontana. Resta, comunque, un’ottima notizia per l’anemico attacco biancoceleste. Importante anche l’inserimento di Keita. Balotelli, sempre “osservato speciale” di tutti i reportage televisivi, nervosissimo dopo un rigore (inesistente) reclamato in avvio, si è via via eclissato fino a prendere l’ennesimo giallo per inutili e ingiustificate proteste. Più volte abbiamo, proprio da queste colonne, sottolineato come Balo sia un patrimonio del nostro calcio e rischiare di perderlo a causa dell’eccessiva pressione mediatica cui viene abitualmente sottoposto sia un harakiri, ma resta che Super Mario ha collezionato ieri il settimo cartellino giallo in dieci gare. Sarebbe , onestamente, troppo anche per il più ruvido dei difensori. Domenica, la Lazio proverà a prolungare il suo momento sì ospitando il Genoa. Un altro tabù da sfatare dopo quello del Chievo: 6 i punti ottenuti dai rossoblu sui 6 disponibili nelle ultime due stagioni contro i banco celesti. Vedremo.
Quanto al big match di Firenze, un’ottima Fiorentina ha dovuto cedere le armi ad un Napoli chirurgico nel capitalizzare le sole due occasioni avute, entrambe create da un Higuaìn che, dopo Marsiglia, sembra aver preso gusto a interpretare l’inedita veste di suggeritore. Due ghiotti babà serviti su un piatto d’argento a Callejon e a Mertens. Ma il protagonista assoluto è stato l’arbitro Calvarese. La sua decisione di considerare la caduta del già ammonito ( e per lo stesso motivo) Cuadrado simulazione costa ai gigliati, in un sol colpo, un probabile mancato pareggio, l’espulsione dell’esterno e la sua squalifica per il match di cartello di S.Siro con il Milan. In un contesto così rovente merita senz’altro gli applausi degli appassionati di tutta Italia il comportamento molto signorile di Montella. Prima, in campo, cerca l’arbitro per stringergli la mano a fine gara, poi, davanti ai microfoni di giornalisti assetati di dichiarazioni al veleno, ha affermato: “Non mi piace ridurre tutto al rigore finale: vorrebbe dire dimenticare la gran partita fatta dalla mia Fiorentina. Non voglio fare del vittimismo. Sportività la mia? Mi auguro che serva. Devo convincere la squadra che questa è la strada giusta, contro un’avversaria forte come il Napoli abbiamo fatto la miglior partita della stagione”. Complimenti per un atteggiamento raro in un mondo sempre più in preda all’isteria del momento.
Ultima annotazione la merita senz’altro il Verona, autentica sorpresa di questo scorcio iniziale di stagione: con il netto 2-0 alla Samp fanno 5 vittorie su 5 partite in casa (solo Juve e Roma come i gialloblu), 19 punti totali e un quarto posto in coabitazione con l’Inter da stropicciarsi gli occhi. In più il merito di aver rigenerato un attaccante di razza ma considerato dai più un po’ “bollito”, Luca Toni. Peraltro, in rete anche ieri. Complimenti doverosi anche per Mandorlini.
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