E’ stata una giornata di pura passione quella che ha visto sotto la luce dei riflettori il tecnico biancoceleste, Edy Reja, e, di riflesso, tutto l’ambiente laziale. L’allenatore gorizione “avrebbe” ( il condizionale, in questi casi, è d’obbligo) rassegnato le proprie dimissioni. Lotito non le “avrebbe” accettate. In realtà, le cose si sarebbero svolte, più o meno, così: nella mattinata, Reja non si è presentato al consueto appuntamento con l’emittente radiofonica ufficiale della Lazio e, nel pomeriggio, ha lasciato il suo vice, Giovanni Lopez, a condurre l’allenamento. Il tutto dopo aver comunicato ai suoi giocatori l’intenzione di lasciare. I ragazzi hanno tentato di convincerlo a recedere dalla propria posizione, ma Reja sarebbe parso irremovibile.
Troppo amareggiato e turbato non tanto dalle critiche, quanto dalle pesanti invettive rivoltegli non solo dai tifosi sugli spalti dell’Olimpico domenica, ma anche da sostenitori biancocelesti incrociati casualmente per le vie della città. E’ dovuto intervenire il presidente Lotito in prima persona che, convocato un “summit” d’urgenza, con tecnico e giocatori ( sarebbero stati presenti due esponenti della “vecchia guardia”: Rocchi e Brocchi; e i due nuovi arrivati: Klose e Cisse), avrebbe ricomposto, almeno momentaneamente, la vicenda. Smentendo di aver ricevuto le dimissioni. Di conseguenza, non vi sarebbero state neanche dimissioni respinte da parte della società. “Intendo combattere questo sistema che, con voci e notizie artatamente false, mira a destabilizzare l’ambiente. Sono pronto anche ad adire le vie legali”, le parole del numero uno biancoceleste.Le avvisaglie, comunque, non erano mancate. Anzi. Già al termine della passata stagione, Reja era stato molto incerto se proseguire o meno il rapporto con la Lazio, lamentando le eccessive e preconcette critiche al suo operato mossegli dalla tifoseria. Poi, i mugugni da parte di chi ( molti, per la verità) gli imputavano di aver “costretto” Zarate a prendere la via i Milano. Infine, la sconfitta interna di domenica con il Genoa ha fatto ulteriormente precipitare la situazione: fischi e insulti ( estesi anche alla famiglia) come piovesse. E, nel dopogara, il tecnico, ai microfoni Rai, si era già lasciato scappare un eloquente: “Sono stufo, così non si lavora bene e Lotito lo sa”. Quindi, la decisione di andarsene. Sì, perché, dimissioni o non dimissioni, qui la forma conta fino a un certo punto. Quel che importa è, soprattutto, la denunciata stanchezza di un uomo che si sente ferito, come professionista e, prima ancora, come persona. E si potrebbe discutere lungamente sul diritto che il tifoso ha di contestare, sia pure in modo civile, visto che è lui a pagare il biglietto e, di conseguenza, e in quota parte, anche lo stipendio del tecnico. Ma, pur nel rispetto di un legittimo e sacrosanto diritto di critica, resta difficilmente comprensibile come la squadra possa trarre benefici daun clima da “separati in casa”. Mettere un allenatore in condizione di non poter svolgere serenamente il proprio lavoro, forzandolo ad andarsene, potrà pure rientrare nell’alveo di un concetto molto lasco di “diritti di un tifoso”, ma sa molto di imposizione. Ferme restando le innegabili responsabilità di Reja e la sua ormai palesata difficoltà a sopportare le pressioni di una piazza che, a queste latitudini, concede molto poco spazio alla pazienza. Ma anche fermo restando che un conto è fischiare, altro insultare un professionista, altro ancora insultare l’uomo e altro ancora insultarne i cari. Un’escalation pericolosa. Non più un semplice problema di restare o meno nell’alveo del “giuridicamente lecito”. E’ un problema di buon senso ( non nuocere agli interessi superiori della propria squadra del cuore) e di umano rispetto ( fischiare sì, insultare e rendere invivibile l’atmosfera no). Discutibile, poi, anche la scelta della società di lasciare solo un proprio tesserato ad affrontare una delicatissima conferenza stampa. E’ chiaro che Reja non si sente sereno. Di qui, alcune affermazioni dai toni non proprio concilianti: “ Il quadro è buono, la cornice è marcia”. Sarebbe stata gradita la presenza, quantomeno, di Tare. Così non si favorisce la distensione. Per cui, al momento, l’unica certezza è che Reja siederà ancora sulla panchina laziale nella delicata trasferta di stasera a Cesena. Se sarà al suo posto anche domenica, contro il Palermo, non è dato sapere. Intanto, come di consueto, comincia a girare la solita ridda di voci: si va da Donadoni, a De Canio, a Del Neri, a Marino, per finire con la suggestiva ipotesi di Casiraghi. Daniele Puppo
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