Il Napoli ha festeggiato con un giorno d’anticipo (poi, ovviamente, si è continuato a festeggiare anche il lunedì, ci mancherebbe ) San Gennaro e, sulla scorta di una prestazione impeccabile, liquefa un compassato Milan che ha l’unica attenuante ( anche se molto “robusta”) delle tante assenze, tra campo e panchina. Ibra, Boateng, Gattuso, Robinho, Ambrosini, Flamini, Inzaghi, Mexès e, all’ultimo, anche Antonini. Quasi una squadra, insomma.
Ma questo non deve far passare in secondo piano i meriti di un Napoli che, rispetto all’anno scorso, ha dimostrato incredibili progressi sul piano della convinzione. Gli azzurri, 12 mesi fa, una sfida ad alta quota del genere l’avrebbero persa. Anche contro un Milan rabberciato. Stavolta, però, il semplice, pur dilagante, entusiasmo poggia su basi solide: la serena consapevolezza della propria forza. Ora credono nelle proprie qualità e il possedere tali qualità li aiuta a crederci. Si è innescato un circolo virtuoso che fa ragionevolmente pensare ad un Napoli che possa giocarsi gagliardamente le sue carte sino in fondo in questo campionato. Il suo neo rimane una rosa non troppo ampia per sopportare il doppio impegno campionato- Champions. Vedremo. Va detto che i rossoneri hanno interpretato la sfida in modo molto diverso da quanto visto al Camp Nou. Hanno tentato di fare la partita ma, alla lunga, sono stati presi d’infilata dalle rapidissime ripartenze partenopee. Ognuna delle due contendenti ha cercato di interpretare lo spartito nel modo più congeniale alle proprie caratteristiche. Semplicemente, la maggior freschezza del Napoli ha prevalso sul possesso palla milanista. Diversa, ancora, la partita giocata dalla Juventus di Conte. Entusiasmante contro il Parma, molto più “operaia” contro il Siena. Camaleontica, la squadra del neotecnico bianconero: è questo l’aggettivo che più si attaglia alla formazione torinese. Partita di grande sacrificio, risolta da un gol di Matri, su un ispiratissimo spunto di Vucinic. Un lampo un po’ isolato quello del montenegrino, ma sufficiente, da solo, ad indirizzare le sorti del confronto in terra toscana. Anche in questo caso, una componente fondamentale sembra essere il ritrovato entusiasmo di una piazza che, già gabellata di suo come tiepida, era stata, negli ultimi anni, oltremodo frustrata da risultati e prestazioni non all’altezza della straordinaria storia della società. Ma gli stimoli portati da un allenatore che, non solo è giovane e, come tale, portatore di una “nouvelle vogue”, ma è anche un amatissimo ex giocatore della Vecchia Signora, ed estremamente ambizioso, uniti all’onda emotiva che sembra ancora non essersi sopita dopo l’inaugurazione “da mille e una notte” del nuovo “Juventus Stadium” stanno innescando un altro circolo virtuoso. E l’assenza di impegni europei fa pensare che la Juve sia, se non la favorita, l’alternativa più convincente ai campioni d’Italia. L’Udinese rappresenta, invece, una costante presenza ai piani alti del nostro calcio. Ogni anno cede pezzi pregiati della propria argenteria, ogni anno gli osservatori la danno per indebolita e incapace di ripetere l’annata precedente, ogni anno si diverte a smentire tutti. Un piccolo miracolo che si rinnova. Complimenti alla famiglia Pozzo, alle loro capacità gestionali e al loro staff di osservatori sparsi per il mondo che ogni anno individuano nuovi interessantissimi tasselli da inserire nel mosaico friulano a sostituire quelli, in apparenza, più preziosi, ceduti per far cassa. Ora, l’uomo nuovo si chiama Torje. Sconosciuto ai più. Potrebbe non restare tale a fine stagione. Per quel che riguarda il Cagliari, questa inaspettata partenza lanciata non potrà certo alimentare sogni di gloria in Sardegna, però rappresenta, indubbiamente, il miglior viatico possibile per raggiungere il vero, dichiarato obiettivo degli isolani: una salvezza tranquilla.Si è parlato, a proposito di Napoli e Juventus, di “circolo virtuoso” in atto. A Roma (basti pensare a quel che sta accadendo a Reja) e a Milano ( con Gasperini sulla graticola) dovrebbero cominciare a interrogarsi. Daniele Puppo
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