Sono passati quasi 100 giorni da quel 13 marzo 2013, data in cui il cardinal Bergoglio diviene ufficialmente la duecentoventiseiesima guida della Chiesa cattolica col nome di Papa Francesco.
Sono molti gli avvenimenti che si sono succeduti dopo l’ ” Habemus Papam” pronunciato da un commosso cardinale Jean-Louis Tauran. Il nuovo Pontefice ha seguito la strada dei suoi predecessori nelle udienze generali del mercoledì, nell’affaccio domenicale su piazza San Pietro per la preghiera dell’Angelus. Tutte le mattine poi, Papa Bergoglio dice messa a Santa Marta e dalla sua omelia ogni giorno è possibile trarre perle di saggezza e di arricchimento interiore sia per i cristiani che per i non battezzati.
Oggi, ancora una volta, da Colui che per primo ha scelto di portare il nome di Francesco, e non lo ha fatto a caso, arriva un nuovo forte richiamo alla povertà. Nell’ omelia che ha seguito il Vangelo di San Matteo (Mt 6,19-23) Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore, Bergoglio ha detto di non avere ‘mai visto un camion da trasloco dietro un carro funebre’ mettendo in guardia dall’ accumulare ‘ tesori che la morte vanifica’. LO stesso concetto lo aveva spiegato qualche tempo fa con una frase di sua nonna: “Il sudario non ha tasche”. Ma c’ e’ anche un tesoro, ha detto oggi, che “possiamo portare con noi”, un tesoro che nessuno può rapinare, che non è “quello che hai risparmiato per te”, ma “quello che hai dato agli altri”. Il problema, ha chiarito, sta nel non confondere le ricchezze. Per Francesco, “la caccia all’ unico tesoro che
si può portare con sé nella vita dopo la vita è la ragion d’ essere di un cristiano; come Gesù ha spiegato ai suoi discepoli dicendo loro: “Dov’ è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”.Quindi, ci sono “tesori rischiosi” che seducono “ma che dobbiamo lasciare”, quelli accumulati durante la vita e che la morte vanifica.
Ma, ha scandito il Papa, “quel tesoro che noi abbiamo dato agli altri, quello lo portiamo”. “L’ amore, la carità, il servizio, la pazienza, la bontà, la tenerezza sono tesori bellissimi: quelli portiamo. Gli altri no”, ha detto ancora. Ma il nostro cuore se il tesoro non è quello giusto “mai è pieno: si stanca, diventa pigro, diventa un cuore senza amore”. “Pensiamo a questo – ha suggerito il Pontefice ai cardinali, vescovi, sacerdoti e collaboratori laici presenti alla messa di oggi – Io cosa ho: un cuore stanco, che soltanto vuol sistemarsi, tre-quattro cose, un bel conto in banca, questo, quell’ altro? O un cuore inquieto, che sempre cerca di più le cose che non può avere, le cose del Signore? Questa inquietudine del cuore bisogna curarla sempre”.
A.B.