Parlare, già alla prima giornata di campionato, di apertura di una crisi è decisamente fuori luogo ( oltre che prematuro…), ma è innegabile che problemi ve ne siano. E tanti, anche. E l’imprevista battuta d’arresto casalinga contro il non certo irresistibile Cagliari non fa altro che portarli impietosamente alla luce. Il progetto di nuovo corso voluto dal tecnico. Luis Enrique, stenta a decollare.
Nella gara dell’Olimpico, ferme restando le indisponibilità non da poco di Juan ( e della sua prima alternativa, Kjaer) e di Lamela, non si è trattato di un problema di uomini ( ferma restando la discutibile scelta di preferire Rosi a Cassetti ). Nel doppio confronto con lo Slovan Bratislava, invece, erano state le scelte dell’allenatore a sollevare il consueto vespaio di polemiche ( Totti mandato in campo solo nell’ultimo quarto d’ora all’andata e tolto a venti minuti dalla fine al ritorno, molti inesperti ragazzi della Primavera in campo, Cassetti centrale in luogo di uno specialista del ruolo, Heinze, dimenticato in panchina, Borriello impiegato a singhiozzo, il che ha reso, di fatto, impossibile, cederlo ad una delle pretendenti estive, ecc.). Qui, no. Qui, a risultare evidente è stata la lentezza e la prevedibilità della manovra. Perché, se si vuole riprodurre il tanto acclamato modello-Barça, oltre ad averne gli interpreti all’altezza ( e alla Roma, pur avendo investito moltissimo nell’ultimo mercato con ben 11 volti nuovi, non ci sono i Xavi, gli Iniesta, i Pedro, per non parlare di sua maestà, Messi), bisogna tener conto di un fattore decisivo: nella “cantera” blaugrana, i ragazzi vengono impostati con un certo modo e con un modulo che viene seguito dalla giovanili sino alla prima squadra. Anche il tanto osannato Pep Guardiola si trova a dover allenare e gestire un parco-giocatori che ha già ampiamente metabolizzato mentalità ( ossia, il possesso-palla insistito, anziché il ricorso alla verticalizzazione immediata come sui nostri campi), modulo, movimenti. Non deve “insegnarlo” ex novo ai propri atleti. Di qui l’enorme complessità del lavoro che attende Luis Enrique. Al di là di errori nelle scelte tecniche che, comunque, anche a ragione dell’inesperienza dell’asturiano, sono stati già commessi e che, al momento, hanno prodotto danni solo in Europa, con l’imbarazzante eliminazione della Roma già nei preliminari dell’Europa League. Errori non ripetuti, però, nella sfida con il Cagliari. Un altro equivoco è ravvisabile quando si parla di “tante occasioni create e fallite per cui bisogna migliorare nella finalizzazione”. Di occasioni, la squadra giallorosa, ne ha create, è vero, partorendo solo il “topolino” di un tap-in a tempo scaduto di De Rossi, ma non così tante come si possa pensare ( due conclusioni pericolose in tutto il primo tempo, a firma di Pjanic e Osvaldo, quest’ultimo piuttosto deludente, peraltro; più movimentata la ripresa con un miracolo di Agazzi su Borriello, un paio di punizioni di Totti, il gol, giustamente annulato per fuorigioco di Heinze, a Borini, e l’inutile segnatura di De Rossi). Pochine, comunque. Troppo poche in rapporto all’enorme volume di gioco sviluppato, in termini di possesso-palla, involuto e sterile. Certo, un po’ di buona sorte non guasterebbe, visto che, come contro gli slovacchi, ciò che gli avversari dei giallorossi costruiscono, capitalizzano quasi con il 100% di realizzazione. Anche se, è giusto sottolinearlo, i sardi non hanno rubato nulla, anzi. E, oltre alle due reti, segnate dal solito capitano, Daniele Conti ( si è trattato della sua 5° marcatura in carriera alla squadra di papà Bruno), autentica “bestia nera” dei colori giallorossi ( e molto sgradevoli sono stati gli insulti piovuti all’indirizzo del capitano degli isolani) e, in pieno recupero, dall’esordiente marocchino, El Kabir, si è registrato anche un bell’intervento di Stekelenburg ( a proposito, non esente da responsabilità sulla non imprendibile conclusione dello 0-2) su botta di Thiago Ribeiro e una traversa di Biondini, ambedue le occasioni generate sul finire della prima frazione. Una nota a parte va riservata al giovane esterno basso di sinistra, Josè Angel. Molto attivo in fase di spinta, neanche malaccio in copertura, in sostanza tra i migliori in campo fino al 23’ della ripresa. Qui, il fattaccio: respinta corta, di testa ( una dinamica che ha ricordato molto sinistramente la corta respinta, di piede quella volta, di Cassetti, fatale alla Roma contro lo Slogan all’Olimpico), che si tramuto nel più comodo degli assist per l’implacabile Conti. Il minuto seguente, la frittata è completa: falciata inutile ( non avrebbe mai potuto prendere il pallone) ai danni di Biondini, lungo la linea del fondo, e conseguente rosso diretto che ha complicato ancor più il pomeriggio dei compagni. Peccato per il minuto di “follia” che ha, di fatto, deciso il match. Il ragazzo, però, c’è ed ha qualità interessanti. In conclusione, tre uscite ufficiali della Roma e nessuna vittoria, due sconfitte, un pari rovinoso in casa ( costato l’eliminazione dall’Europa) e zero nella casella punti dopo la prima. Un inizio da incubo. Per invertire la rotta occorrerà, necessariamente, pazienza. E molta. La società, per bocca del ds, Sabatini, e dello stesso DiBenedetto ribadisce a chiare lettere ( ma non potrebbe essere diversamente, altrimenti sarebbe un’implicita ammissione di un proprio errore, dato che l’allenatore spagnolo è stato fortissimamente voluto proprio dall’attuale dirigenza) la propria fiducia a Luis Enrique. La vera, grande novità è che anche il numerosissimo pubblico accorso ieri all’Olimpico ( circa 40 mila i sostenitori assiepati sugli spalti) ha mostrato un’inconsueta indulgenza, sostenendo per tutti i 90 minuti i propri beniamini e riservando loro anche un colorissimo applauso anche a fine gara. Ci vuole tempo. E pazienza. Lo hanno capito anche i tifosi.
Daniele Puppo
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