Fatto il presidente ora si punta al governo. E Napolitano, nel rispetto di quanto chiesto ai partiti che lo hanno votato per confermarlo al Quirinale, ha fatto sapere che farà prestissimo. Al più tardi domani darà l’incarico. Ma è qui che nascono e crescono subito i mal di pancia. Innanzitutto c’è da chiedersi chi sarà il predestinato premier chiamato a questa “mission impossible” e soprattutto quale sarà la maggioranza destinata a votarlo. Se poi passiamo al mandato vero e proprio, ovvero al programma che il neo premier dovrà presentare per ottenere la fiducia, il percorso si fa irto di pericoli e decisamente scivoloso.
Vediamo perché. Intanto la leadership. Premesso che il Pd, in piena crisi epilettica e nella condizione di non poter esprimere nessuna candidatura credibile, vista la mattanza di dirigenti in corso, e scontato il fatto che Napolitano non potrà puntare sul partito fantasma di maggioranza relativa, è evidente che si ripiegherà su un nome esterno ai partiti. E già si parla dell’ex premier Giuliano Amato, anche se non tutti guardano a lui con fiducia e tranquillità. All’ultimo minuto potrebbe uscire un altro nome, ma restano comunque i problemi legati ad un governo che nasce con poteri ridotti e prospettive limitatissime. Intanto c’è da dire che dal Pd è arrivato un segnale chiarissimo: evitare di dare nomi per la formazione dell’esecutivo. Ci saremo, fanno sapere, ma senza una componente ministeriale. In altre parole il Pd parteciperà ad un esecutivo da appoggiare dall’esterno e senza che suoi uomini mettano la faccia in questa vicenda.
Seconda grana: quanto può durare un governo senza maggioranza stabile ed uno dei partiti che lo sostiene pronto ad esplodere in qualunque momento. Poco in verità. E qualcuno ha già dato i tempi. Un anno con un presidente del Consiglio inesperto o poco blasonato, un anno e mezzo se arriva il politico più strutturato. Tempi comunque, brevissimi per tutto. Tempi appena sufficienti per varare qualche provvedimento economico che attenui la pesante crisi che ci attanaglia e una riforma elettorale che ponga fine alla vergogna del Porcellum per poi andare ad una nuova consultazione elettorale. Dunque stiamo scegliendo un governo, ed è questo forse l’aspetto più penoso di tutta la vicenda, che faccia guadagnare un po’ di tempo per disinnescare la legittima rabbia della gente che ha trovato in Grillo la sua punta di diamante e consentire al Pd di rimettersi in sesto o morire. E tutto questo sta avvenendo con la regia di partiti che, con la scusa dell’emergenza, se ne guarderanno bene dal rimuovere le vere ragioni della crisi a cominciare dai privilegi della casta politica che anche in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica , come tra l’altro ha sottolineato lo stesso Napolitano, ha offerto l’ennesima prova di incapacità e insulsaggine anteponendo gli interessi propri e dei propri partiti a quelli del Paese e di quanti, cittadini e imprese, da questo stato di cose stanno subendo i contraccolpi più feroci. Pochi giorni ancora e poi sapremo come e soprattutto quando tornare alle urne.
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