E’ andata bene. Forse addirittura meglio di quanto si potesse pensare alla vigilia. Francesca Schiavone, infatti, non intende affatto smettere di stupire, e, dopo un’ora e mezza di gioco, batte 6-3, 6-3 la francese Marion Bartoli, undicesima testa di serie del seeding, per raggiungere, per il secondo anno consecutivo, la finale dello Slam parigino ed entrare, così, in toni ancora più convinti, nella storia del tennis e dello sport, non solo nazionale. Già, perché Francesca, nella storia, ci era entrata un anno fa, vincendo il suo primo Roland Garros, tra l’incredulità generale.
A parte i tre trionfi in Federation Cup, da condividere con le sue compagne d’avventura, Flavia Pennetta, Roberta Vinci e Sara Errani. Ma stavolta, la milanese l’ha combinata veramente grossa. Sì, perché guadagnarsi per il secondo anno consecutivo l’atto finale del torneo francese è un privilegio riservato a poche elette. Ripetersi dopo un grande trionfo è, infatti, sempre più difficile. L’ultima a centrare la finale a Parigi l’anno dopo aver vinto è stata Justine Henin, che ha conquistato il titolo del Roland Garros per tre anni consecutivi (2005, 2006 e 2007). Prima di Francesca l’unico tennista italiano ad aver giocato due finali consecutive al Roland Garros era stato Nicola Pietrangeli. “Nick” ne giocò addirittura tre fra il 1959 ed il 1961: vinse le prime due (contro Vermaak e Ayala), perse la terza (contro Santana).La Schiavone è l’unica tennista italiana ad aver raggiunto almeno i quarti di finale in tutti e quattro gli appuntamenti dello Slam (Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open). La milanese è alla quarantatreesima partecipazione ad uno dei quattro tornei maggiori. E qui a Parigi , Francesca ha conseguito la tredicesima vittoria consecutiva sugli amati campi in terra. Quella terra che, ormai, l’azzurra si diverte a baciare al termine di ogni match vittorioso ( anche se oggi si è limitata ad accarezzarla…). E poco importa se si è trattato di un torneo, quello in corso, del tutto anomalo, con un’ecatombe di favorite che non si era mai registrata prima nella storia del torneo nell’era Open. Sono uscite prematuramente, infatti, le prime tre teste di serie ( nell’ordine Wozniacki, Clijsters, Zvonareva), circostanza, questa, che in tutta la storia del tennis Open ( cioè dal 1968, per intenderci), si era verificata solo in altre due occasioni: Australian Open 1997 e Wimbledon 2008. Ma non solo, sono “sparite” di scena anche la n. 4 del tabellone, Victoria Azarenka, e anche la vincitrice dell’ultimo torneo di grande spessore, prima della quindici giorni transalpina, ossia Maria Sharapova, protagonista in negativo dell’altra semifinale. Meriti relativi, quelli della milanese, dunque? Neanche per sogno. Il merito principale di Francesca, in casi come questo, è stato, infatti, quello di “non sparire” anzitempo. Comunque vada l’epilogo di sabato. E scusate se è poco. Ma veniamo al match con la Bartoli. Questa volta Francesca scatta veloce come una Ferrari (magari pure come una Red Bull, dati i tempi). “Non devo permetterle di prendere l’iniziativa”, aveva detto alla vigilia, e così ha fatto. Decisa, concentrata, la numero uno azzurra risponde colpo su colpo ad un avversaria altrettanto determinata e che, oltretutto, “gioca in casa”, anche se il pubblico applaude anche alle prodezze dell’azzurra. La Schiavone, che in tutto il primo parziale non concede nemmeno una palla break, strappa la battuta alla Bartoli all’ottavo gioco e poi chiude 63 la prima frazione. Nel secondo set, arriva la reazione della francese, agevolata da un piccolo calo di concentrazione dell’azzurra: la Bartoli sale 2-0 e, con il servizio a disposizione, potrebbe ulteriormente allungare ed invece, dopo aver fallito due opportunità del 3-0, subisce il contro-break della Schiavone (rovescio fuori di Marion). Francesca riprende a macinare colpi su colpi e dal possibile 0-3 si ritrova avanti 3-2. Nel settimo gioco l’azzurra si procura altre due palle break. Ma le è sufficiente la prima: un passante di diritto consente all’azzurra di andare a servire in vantaggio per 4-3. La Bartoli accusa il colpo e perde ancora la battuta al nono gioco (a zero) consegnando anche il secondo set nelle mani di Francesca (63). Chissà se Marion sa delle dichiarazioni non proprio signorili, proferite dal padre Walter prima della partita (“La Schiavone in semifinale? E’ quanto di meglio potessi augurare a mia figlia, è un’occasione d’oro”). Ennesimo capitolo poco edificante della rivalità italo-francese che, evidentemente, Oltralpe non riescono ancora a metabolizzare nel modo più consono ( come già dimostrato dagli ingiusti fischi tributati al nostro Fognini, “reo”, per il pubblico parigino di aver inscenato un finto infortunio durante il match con Montanes). Si è trattato, in verità, di un match ben più duro di quanto non possa sembrare dal punteggio. La francese, infatti, ogniqualvolta riusciva ad entrare con i piedi ben dentro il campo, mostrava di avere una fluidità nei colpi anche maggiore della detentrice del titolo. La differenza, però, stavolta, come anche in altre occasioni, l’ha fatta la capacità di Francesca di restare perfettamente lucida e concentrata nei momenti-chiave, laddove si dimostra sempre in grado di innalzare alla bisogna il livello del proprio tennis. Al contrario della Bartoli che, sul 3-4 nel primo set, avanti 40-15, ha commesso un sanguinoso doppio fallo che ha consentito alla nostra atleta di rientrare in gioco in quel game, decisivo, col senno di poi. E in questo striminzito flash c’è tutta la partita. Sabato, in finale, per la Schiavone ci sarà la sfida contro la cinese Na Li, sesta testa di serie che ha avuto ragione, a sorpresa, ma fino ad un certo punto, della Sharapova, battuta con un eloquente 6-4, 7-5. Il bilancio dei confronti diretti dice molto sulle insidie che la “leonessa” dovrà fronteggiare: le due ragazze sono, infatti, sul 2 a 2. L’ultima volta che si sono affrontate, però, è stato proprio sulla terra rossa parigina, lo scorso anno al terzo turno, con il successo in due set di Francesca. Incrociamo le dita. Il tennis italiano e lo sport azzurro, tutto, dati i tempi, ha bisogno di poter tornare a raccontare, al più presto, un’altra bella storia. Pulita.
Daniele Puppo
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