Tempo da lupi e da Roma a Bergamo: Atalanta al tappeto sotto la neve

Si preannunciava come una trasferta molto temuta, quella di Bergamo: perché l’Atalanta aveva bisogno come ossigeno di tre punti, perché Bergamo è campo ostico soprattutto per le romane, perché alla Roma mancavano per squalifica i due capitani, quello del presente e quello del futuro ( sempre che altre sirene..), perché la vittoria sulla Juve avrebbe potuto alimentare entusiasmi eccessivi e far dimenticare la Dea nerazzurra. Infine, ci si è messo pure il campo, coperto da una fitta nevicata, ma in grado, per la bravura degli inservienti bergamaschi e per la qualità del manto erboso, di garantire quelle condizioni minime di praticabilità. Condizioni, comunque, non certo ideali per una squadra di palleggiatori poco avvezza ad alzare il pallone come quella giallorossa. Ne è venuta fuori un’inevitabile ma divertente, a tratti entusiasmante, battaglia campale aperta a qualsiasi soluzione. Brava la Roma ad avere l’ultima parola nella girandola di emozioni dell’ “Atleti Azzurri d’Italia” e a chiudere la contesa sul 3-2. Anche il modulo scelto da Andreazzoli, il 3-4-2-1 con Osvaldo (in dubbio fino all’ultimo e non al meglio) in avanti e con Lamela e Marquinho in appoggio, fa pensare che per il 4-3-3 zemaniano non ci saranno più prove d’appello. E a conferma del nuovo corso, il gol vittoria, anche se non poco fortunoso, è stato messo a segno dall’unico acquisto di gennaio, il greco Torosidis, alla sua sola seconda presenza in A ( ma con già due vittorie all’attivo…), un giocatore di notevole esperienza internazionale, molto efficace e arrembante in fase offensiva, con qualche sbavatura e disattenzione di troppo dietro, e Livaja ha ringraziato due volte. Ma il protagonista assoluto della trasferta sulle nevi è stato certamente Pjanic. Il migliore in campo in senso assoluto, il bosniaco, ben al di là della pur pregevole punizione del 2-1. Molto bene anche Marquinho, autore dell’1-1 dopo una splendida iniziativa personale, messo ai margini del progetto tecnico del boemo e rimasto solo all’ultimo quando aveva già in mano la valigia con destinazione Palermo. A far capire molte altre dinamiche interne al turbolento spogliatoio giallorosso, è stato proprio Andreazzoli che ha detto in conferenza stampa: “All’interno di un gruppo di lavoro deve scoccare la scintilla, deve nascere quella chimica senza la quale le cose non funzionano. Forse, nel caso di Zeman, è mancato qualche elemento.” Ma il neotecnico ha anche aggiunto che: “conoscevo benissimo quali erano i problemi da risolvere, ho messo mano a questi problemi e abbiamo creato un bel gruppo di lavoro, tutti mi stanno aiutando, anche il pubblico romano. E qualcosa ha cominciato a muoversi”. Appunto, il gruppo, la “parolina magica”. E se il primo passo, più che di natura tattica ( dove pure, come abbiamo detto, è stato cambiato molto), è stato di tipo psicologico, ossia la creazione di uno spirito comune prima assente, ciò la dice lunga sulla gestione del boemo. Con questo non si vuole addossare tutta la responsabilità sulle sue spalle perché l’impressione che gran parte dello spogliatoio, oltre a non condividerne i metodi e le scelte, gli abbia anche “remato contro” resta comunque forte. Ora, però, i giocatori non hanno più alibi né parafulmine: hanno avuto l’allenatore che volevano, quello che li conosce uno ad uno dai tempi di Spalletti e con cui il dialogo viene naturale. Ora, dovranno e potranno solo giocare. Bene, se possibile.

D.P.