Il conflitto in Siria si sta convertendo in una concreta minaccia per lo stato di Israele, che contempla in queste ore le possibili conseguenze della guerra civile siriana. Per il momento il regime di Bashar al Asad mantiene il controllo del Paese grazie all’appoggio dei maggiori nemici di Israele: l’Iran, la milizia libanese di Hezbollah e dei gruppi di opposizione sunniti entro i quali, vi sono numerose cellule jihadiste munite di arsenali di armi chimiche.
A causa di questa serie di preoccupanti fattori, Israele ha deciso di innalzare il livello di guardia al confine, autorizzando l’intensificazione delle manovre militari nella zona del Golan, per prevenire un possibile attacco a sorpresa da parte di forze nemiche.
Fonti del governo israeliano assicurano che sino ad oggi “Israele ha mantenuto un basso profilo rispetto ai fatti avvenuti in Siria”, poiché è di importanza strategica che il Paese, dove il conflitto va avanti da quasi un anno, abbandoni l’idea di far parte dell’asse radicale antisionista alleato con l’Iran.
Il limite a questa politica strategica fatta di osservazione dello sviluppo degli eventi ha un limite, che non può essere oltrepassato. Questo limite è la destabilizzazione della zona confinante, a est con Siria e al nord con il Libano, del Golan che per 40 anni è stata una zona stabile e sotto controllo.
Per questo motivo dall’alba della giornata di ieri, i caccia israeliani sorvolano il territorio libanese. Tra giovedì e venerdì 12 operazioni militari hanno reso possibile l’istallazione di 5 batterie antimissile a nord con il Libano. Nulla di tutto questo è passato inosservato tanto che i movimenti dell’esercito israeliano sono stati denunciati da Beirut all’ONU.
Nel frattempo lo scontro interno in Siria continua, le vittime di questa guerra sono salite a 60.000, la diserzione degli alti ranghi militari, che fino a qualche mese fa era all’ordine del giorno, è finita, le fila del regime sono ricompattate e il conflitto appare sempre più aspro.
E.S.