Sinfonia biancoceleste: Empoli schiantato e sorpasso
E alla 30° giornata la formidabile “remuntada” biancoceleste si completò. In sole otto partite, la Lazio ha annullato i 12 punti che la separavano dai cugini giallorossi (13 i punti in più conquistati dal 9 febbraio ad oggi). Otto partite tutte vinte. Eguagliate le versioni biancocelesti del 1972/73 sotto la guida di Tommaso Maestrelli (serie A a 16 squadre) e del 2006/07 con Delio Rossi al timone. Davanti rimane solo la Lazio 1998/99 di Sven Goran Erikssson. In mezzo anche la gemma preziosissima di Napoli in Coppa Italia. Da ieri, anche il miglior attacco della serie A con 58 reti (staccata la Juve di una segnatura). La soddisfazione di praticare il calcio unanimemente (finalmente anche la stampa se ne è accorta, dopo mesi di scetticismo quando non di indifferenza…) riconosciuto come il migliore d’Italia. Con l’additivo del sorpasso consumato ai danni non di una squadra qualsiasi, ma della rivale per antonomasia. Tutto questo non poteva non tradursi in un rinnovato entusiasmo che, in poco più di 12 mesi, ha portato da una contestazione ferocissima alla società a manifestazioni d’amore incondizionato come la sortita di ben 3.000 laziali in quel di Formello alle 3 di notte di un giorno infrasettimanale per accogliere gli “eroi del S. Paolo” sino ai 50.000 presenti sugli spalti ieri, letteralmente esplosi alla notizia del pareggio del Toro che certificava l’avvenuto sorpasso.
La Lazio e il suo pubblico: un amore ritrovato
E questo è forse il risultato più incredibile ottenuto sin qui dalla banda Pioli.
Sul campo, invece, tutto facile. Più di quanto si potesse pensare, contro un Empoli che, fedele a a se stesso, ha provato a giocarsela a viso aperto. Uscendo, però, tritato sotto il pesante fardello di quattro reti, quasi a voler sottolineare l’inopportunità di tanto ardire. Una Lazio che ha giocato a memoria, senza neanche dover cercare più di tanto la porta di Sepe. Quattro tiri in porta, tre reti. Questo il chirurgico bilancio dei primi 45 minuti. E con un Felipe Anderson stranamente “normale”. Sì, perchè i protagonisti sono stati altri: su tutti, un Cavanda incontenibile sulla corsia di destra e autore di due pennellate d’autore all’indirizzo delle teste di Mauri e Klose. Il tedesco, poi, ha sfoggiato una prestazione di altissimo livello sia sotto il profilo tecnico che della tenuta atletica, nonostante carta d’identità e primo, vero caldo stagionale. Nella ripresa, però, anche l’asso brasiliano ha voluto lasciare un segno tangibile nel giorno della grande festa laziale centrando il suo decimo gol stagionale in campionato. Su assist di platino di un Klose mai così dinamico. Mauri, a quota 9 centri, Miro a 10 e Candreva a 7 (ennesima fiondata da fuori area), di cui quest’anno si parla relativamente poco solo perchè non è più l’unica stella a brillare. La fotografia di un reparto avanzato che sprizza salute da tutti i pori. Alla faccia delle tante cassandre che ventilavano chissà quali impacci in zona gol dopo l’infortunio del pur ottimo Djordjevic.
Anche Olympia sembra non vedere l’ora di spiccare il volo
Sabato sera, sarà Juventus-Lazio. Anticipo di lusso che oppone la prima della classe contro la nuova seconda. La squadra più forte del campionato (quello di Parma è da rubricare al capitolo “incidenti di percorso” da parte di una squadra che ogni tanto il fiato lo dovrà pur tirare) contro la più bella.Senza ombra di dubbio alcuno. Un confronto veramente suggestivo. Peccato che a separare le due contendenti vi siano 12 punti. Un abisso, visto che dopo la disfida di Torino mancheranno solo altre sette tappe sulla via del tricolore. Ma, con una Juve inevitabilmente protesa alla conquista di una semifinale di Champions tutt’altro che proibitiva ma che lascerà scorie sia fisiche che nervose, una mission meno impossible di quanto si possa pensare. Altrettanto inevitabile ritornare con la memoria alla primavera del 2000 quando proprio una sfida tra le due rivali in casa della Juve, decisa da un’incursione aerea di Simeone lanciò la rimonta tricolore degli uomini di Eriksson.
Le uniche note stonate in casa laziale vengono dall’infermeria: gli infortuni di Parolo (frattura ad una costola: 20 giorni di stop) e De Vrij (il ginocchio malconcio terrà fuori l’olandese per 15 giorni e, viste le premesse, si tira un vigoroso sospiro di sollievo) priveranno Pioli di due sicuri protagonisti. A Cana e a Cataldi il compito di non far rimpiangere i due illustri colleghi. Mancherà anche il rincalzo Novaretti, finalmente sicuro, squalificato per via di un secondo giallo molto “creativo”. Imbestialito, l’argentino si è poi fratturato una mano colpendo una vetrata per stizza. Ma sarà una Lazio comunque competitiva.
La Roma, invece, ha fornito una prestazione leggermente al di sopra dei suoi standard divenuti tristemente abituali negli ultimi mesi, giocando un secondo tempo molto aggressivo all’Olimpico di Torino dopo una prima frazione sempre in controllo ma decisamente soporifera. Non è bastato per aver ragione di un Toro molto attento dietro quanto inspiegabilmente (i granata sono tutt’ora in corsa per un posto in Europa League) rinunciatario da metà campo in su. Non è stato sufficiente nemmeno il vantaggio, su rigore contestatissimo di Florenzi (De Rossi ha attinto a tutta la sua esperienza nel cercare il contatto con un ingenuo Moretti) a conservare il secondo posto. Quasi immediato il pareggio del neoentrato Maxi Lopez. Poi, solo Roma, un palo dello stesso Florenzi, migliore in campo per distacco, ma anche tanta confusione. Al di là dell’imprecisione in fase conclusiva, ciò che colpisce nel vedere all’opera i giallorossi, è l’assenza di gioco senza palla e la tendenza di ogni portatore di palla ad andarsi ad imbottigliare nell’uno contro uno, rinunciando a quelle combinazioni veloci e di prima che stanno facendo le fortune dell’altra sponda dell’altra sponda del Tevere. Difficile che la squadra di Garcia possa trovare, d’improvviso, il suo vecchio passo. Certo, le due vittorie consecutive con Cesena e Napoli sono state più che un semplice ricostituente, ma la differenza complessiva tra le due squadre romane appare evidente. Ciononostante, il secondo posto rimane possibile, alla luce di un calendario che vedrà, per i giallorossi, impegni più abbordabili di quelli che attendono i laziali, soprattutto nelle ultime quattro giornate. E anche il pari casalingo del Milan nel posticipo serale che, di fatto, sancisce l’estromissione dei rossoneri dall’Europa League tenendo ben viva la Samp, in questo senso, è un ulteriore tonico per Garcia e soci. La sensazione è che nessuna delle due compagini possa ampliare più di tanto il proprio margine nei confronti dell’altra. Probabile che a decidere le gerarchie potrà essere il derby della penultima giornata. Il nervosismo di De Rossi, ammonito (era in diffida, salterà l’Atalanta) per essersi scaldato troppo in occasione della concessione del penalty, comunque è chiaro specchio della poca serenità che regna in casa romanista.
Il sorpasso visto dai laziali sul web
Dietro le due romane, fa sensazione il doppio sorpasso del Napoli ai danni di Samp e Fiorentina, letteralmente schiantata nello scontro diretto del S. Paolo: un 3-0 che avrebbe potuto rivestire proporzioni ancor maggiori se si visto il gol di Higuaìn. Un altro capitombolo rovinoso, dopo quello costato la finale di Coppa Italia contro la Juve. Un ennesimo segnale dell’immaturità dei viola.
In coda, invece, la vittoria dell’Atalanta contro il Sassuolo, unita alla sconfitta interna del Cesena con il Chievo e all’ennesima caporetto del Cagliari zemaniano a Marassi, delinea un panorama piuttosto chiaro nella corsa salvezza.
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