E alla settima giornata si può cominciare a dirlo: dietro alla Roma dei record tengono il passo solo in due, Juventus e Napoli. Il primo snodo cruciale del campionato che, dopo la sosta, registrerà un altro capitolo non privo di conseguenze con Roma-Napoli e Fiorentina-Juventus, ha rafforzato la sensazione che a giocarsi il tricolore, quest’anno, saranno in tre. L’Inter è uscita a pezzi dallo scontro diretto tra le due più piacevoli sorprese di inizio stagione, subendo uno storico 0-3 casalingo con la Roma che, seppur fin troppo severo per quanto visto in campo (soprattutto nel primo tempo), testimonia meglio di qualunque commento l’evidente superiorità giallorossa nei confronti di una squadra che sta assimilando da Mazzarri lo spirito combattivo ma manca della qualità necessaria per lottare non solo per il titolo, ma anche per un posto Champions. Nella sfida dello Juventus Stadium, che opponeva le due migliori squadre “da rimonta”, hanno prevalso, come da pronostico, i padroni di casa, pur andati sotto al pronti via per mano di Muntari e poi incerti nel convulso finale dove un Milan ridotto in dieci (ennesima espulsione di Mexes in un match clou, non pago di esser stato graziato dall’arbitro qualche minuto prima…) ha rischiato l’ennesimo pareggio in pieno recupero. Ma sarebbe stata veramente troppa grazia. Anche immeritata alla luce di un divario apparso netto. Mancava, tra i tanti, anche Balotelli, è vero. Ma una squadra con blasone e velleità come quella rossonera non può dipendere così platealmente dalle giocate di un solo campione. In assenza del quale è buio pesto. La Juve ha giocato la solita gara di rincorsa mostrando notevole intensità ma anche preoccupanti amnesie difensive sconosciute lo scorso campionato e che, a lungo andare, non sempre potranno esser rimediate dalla facilità con cui trova la via della rete. Il Napoli, che aveva il compito sula carta più semplice, ha travolto per 4-0 un Livorno che, però, è stato in partita fino alla terza rete partenopea. Una Lazio, finalmente convincente e a tratti persino piacevole, non è riuscita, comunque, a scardinare il muro viola eretto da un Montella insolitamente prudente. Uno 0-0 che allontana entrambe dai piani alti della classifica in attesa di recuperare, dopo la sosta, molti indisponibili. Gli uomini di Petkovic, però, hanno dato seguito ai confortanti progressi già intravisti nel secondo tempo di Trabzon, grazie all’innesto, dal primo minuto, dei nuovi acquisti, Felipe Anderson e , soprattutto, Perea che pochi si attendevano già a questi livelli. La speranza è che la tremebonda prima frazione in Turchia abbia segnato il punto più basso della stagione. Al resto ci dovrebbero pensare i rientri in difesa.
Ma vale la pena spendere ancora qualche parola sulla prestazione della Roma a S.Siro. Stavolta meno entusiasmante e, a tratti, in difficoltà, davanti alle sfuriate iniziali nerazzurre, ma compatta e solida come non lo è nessuno in questo campionato. Ha vinto capitalizzando al massimo le tre occasioni avute nel primo tempo. Ma questo è un merito, più che buona sorte. Poi, ha controllato senza patemi nella ripresa. E anche se l’Inter attuale appare una squadra sin troppo operaia per la sua nobile tradizione, non si può pretendere di uscire vittoriosi da Milano senza neanche dover stringere un po’ i denti. Ma non troppo. Ha vinto da grande squadra. E i campionati, anche se in città l’entusiasmo è piuttosto contenuto vuoi perché le recenti delusioni non sono ancora state smaltite del tutto, vuoi per mera scaramanzia per cui nessuno osa proferire la “parolina magica”, si vincono anche e soprattutto così.
Daniele Puppo
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