Lazio da schiaffi: ne prende tre a Siena. Ora si interroga sul futuro

Il campo toscano si conferma tabù ma quel che fa più male, oltre al punteggio che recita un rotondo 3-0 per i bianconeri, è il modo in cui il risultato è maturato.

Quella di Siena doveva essere la gara della svolta, per ripartire dopo i passi falsi con Palermo, Chievo, Genoa e Napoli. È stata, invece, una serata da incubo: prestazione abulica, senza personalità e, quel che più conta, senza neanche quella reazione di carattere che dopo l’uno-due del Siena nel primo tempo sarebbe stato logico attendersi. Il campo toscano si conferma tabù ma quel che fa più male, oltre al punteggio che recita un rotondo 3-0 per i bianconeri, è il modo in cui il risultato è maturato.

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La squadra, come anche Juve, Inter e Napoli, ha risentito delle fatiche di coppa ma questo non basta a spiegare lo scempio cui si è assistito. A parziale scusante degli uomini di Petkovic c’è da considerare che la Lazio non dispone di una profondità di rosa all’altezza delle altre formazioni chiamate al doppio impegno (tranne, forse, il Napoli) per cui giocano sempre gli stessi e quando qualcuno necessita di tirare un po’ il fiato i ricambi non sono adeguati. L’unica eccezione è rappresentata da Floccari che, come sostituto di Klose, sta facendo vedere cose egregie. Ma non basta.

Il rimpianto, al solito, è dovuto allo scarso attivismo di una società che avrebbe dovuto approfittare della finestra di mercato di gennaio per annettere forze fresche in un momento in cui i titolari avevano ancora benzina nel serbatoio. Invece, sono arrivati solo Pereirinha e Saha. Troppo poco. E mettere mano al portafogli a giugno, quando ormai i giochi sono fatti e un’ennesima ghiotta opportunità di agganciare il treno utile per la Champions e i soldi che questa porta in dote, servirebbe a poco. Gli altri non stanno fermi a guardare. Non lo sono stati a gennaio, non lo saranno in estate. E possono contare su riserve auree di ben altro spessore. Anche in assenza dei denari pesanti dell’Europa che conta. La Lazio no. E la sensazione, molto netta, è che quella di quest’anno fosse una sorta di ultima chiamata per un gruppo di giocatori che, per questioni anagrafiche, è destinato a segnare il passo. Ma lo si sapeva già prima dell’inizio della stagione in corso. Sarebbe stato sufficiente puntellare adeguatamente la rosa con rincalzi giovani e di valore senza neanche doversi incaponire nella ricerca di un top player che, dati i costi, a queste latitudini non sarebbe mai arrivato. Uno sforzo relativo, insomma. Ma si è voluto continuare a far credere che questa squadra fosse a posto così com’era. E questa presunzione è una colpa imperdonabile.

Il rischio di compromettere nella seconda metà tutto quanto fatto di buono nella prima parte di stagione è reale. Il ricordo dell’amarezza patita al termine degli ultimi due campionati ancora vivo. La concorrenza è agguerrita. Il Milan, grazie anche all’innesto di Balotelli, ha appaiato i biancocelesti e la scelta della “linea verde” darà i suoi frutti. L’Inter, prima o poi, terminerà il ricambio degli eroi stanchi del “triplete”. La Roma non potrà sbagliare ogni anno la scelta della conduzione tecnica. E c’è un futuro che va pianificato. Da subito. Perché il totem Klose, come si sta vedendo, non è eterno e di infortuni ne subirà ancora e dopo i Mondiali in Brasile potrebbe anche decidere di smettere e mister Petkovic va blindato quanto prima, visto che la sua bravura è stata riconosciuta anche altrove ( il Borussia Dortmund ha già bussato). È tardi, ma ancora si può fare. Ulteriori prove d’appello non ve ne saranno più. A cominciare dall’appuntamento da dentro o fuori con il Borussia Moenchengladbach di giovedì sera all’Olimpico.

D.P.

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