Se ‘del doman non v’è certezza’, lasciamo perdere di correre così in fretta e concentriamoci sull’oggi, augurandoci che le ultime informazioni che ci arrivano dalla ricerca scientifica siano le più attendibili. Il summit mondiale di Rio (giugno 2012) è stato una tappa fondamentale nel cammino verso la promozione di modelli di sviluppo sostenibile. La Dichiarazione, conclusiva dei lavori, ha posto l’accento sul legame tra protezione ambientale e sviluppo, enunciando 27 principi cui deve attenersi la futura strategia di sviluppo sostenibile. Tra questi il principio secondo il quale ogni generazione ha il dovere di lasciare alle generazioni future una natura intatta.
Il dossier della Lega antivivisezione, consegnato al ministro dell’ambiente Corrado Clini prima della partenza per il Brasile documentava nel dettaglio i costi del ciclo di produzione, specificando che fare a meno di quei 56 miliardi di capi di bestiame ogni anno nel mondo (secondo la Fao) significa dare un importante contributo alla salute della terra dove abitiamo.
Il rapporto piazza al terzo posto la carne (in ordine di pericolosità bovina, pollame e suina) come fonte indiretta di CO2, ossia di anidride carbonica. Gli allevamenti sono responsabili del 12,6% di gas totali. Soprattutto di ammoniaca che contribuisce alle piogge acide e all’acidificazione degli ecosistemi. Per due etti di carne verrebbero addirittura utilizzati 25 litri d’acqua. Di qui l’appello a diventare vegetariani per salvare il pianeta.
Oggi c’è uno studio di ricercatori francesi che va controcorrente e spiega – dopo avere analizzato, per una settimana ‘tipo’, le abitudini alimentari di 2000 adulti connazionali e calcolato le emissioni di gas serra generate dalla coltivazione delle piante, dall’ allevamento dei pesci e degli animali da carne e del pollame – che mangiare vegetariano non farebbe bene all’ ambiente. Gli studiosi dell’ Istituto Nazionale delle Ricerche Agricole di Marsiglia naturalmente confermano che frutta e verdura non producono più gas a effetto serra, rispetto all’ allevamento degli animali, ma hanno tuttavia scoperto, proprio dall’ analisi dei comportamenti del campione, che chi si alimenta esclusivamente vegetariano ha bisogno di mangiare di più di quanto non sia necessario ad un soggetto che invece adotti una alimentazione mista.
Da qui il calcolo delle emissioni che ha compreso tutto il ciclo di vita di 400 alimenti più comunemente consumati con la relativa la quantità di Co2 prodotta da ciascuno di essi per 100 grammi di cibo prodotto. I ricercatori hanno così scoperto che le diete migliori rispetto alla salute dell’ essere umano, quelle cioè ad alto contenuto di frutta, verdura e pesce non si discostavano di molto, relativamente alle emissioni di Co2 prodotte, rispetto alle diete di più basso livello qualitativo, ricche di sali e zuccheri.
Ma se è vero che per produrre 100 grammi di carne si emettono 1600 grammi di Co2, 25 volte di più di quanto non se ne emetta per produrre una quantità equivalente di frutta e verdura, i ricercatori hanno anche appurato che per ottenere dal consumo di cibo 100 chilocalorie occorre mangiare molta più verdura, frutta e pesce che non carne uova e pollame. Da qui la conclusione che quello che si riteneva fosse uno stile vita più sano e più in sintonia con l’ ambiente deve essere rivisto, magari bilanciando i consumi e concedendosi ogni tanto una bistecca.
A.B.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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